giovedì, settembre 27, 2007

Unity08


Non fate sapere al Minstro della Giustizia Mastella che negli Stati Uniti stanno tentando di creare Unity08 (www.unityo0.com). Cioè, il primo partito di centro. In un sistema democratico che da più di 200 anni funziona in modo stabile alternando democratici e repubblicani, quello che serve è il "Grande Centro". E come si costruisce il Grande Centro in un paese senza Democrazia Cristiana? L'idea è quella di presentare un ticket presidenziale (presidente e vicepresidente) che siano un democratico e un repubblicano. Non dite questo a Mastella, altrimenti, fiutando le immense possibilità politiche che la costruzione del Grande Centro negli Stati Uniti presenta, lascerebbe il paese che fin'ora ha servito umilmente, ma da cui viene continuamente insultato e umiliato. E andrebbe a ricoprire una posizione che è veramente consona al suo stato: il Presidente degli STati Uniti. Non lo dite a Mastella... Mastella??? dove è andato? Mastella, non corra su quell'aereo...

Calcio d'angolo

Ok, capisco che con il post precendente mi sono giocato quel poco di lettori che ancora avevo. Provo a salvarmi in corner dicendo che ho scoperto come funzionano i fantomatici incroci in cui si trova un segnale di STOP in tutti e quattro i lati. La logica è quella del 'first come, first served'. Chi arriva prima, passa prima. E nel caso di dubbio? Ci si guarda, un cenno della mano, e un accordo lo si trova. Mi chiedo cosa succederebbe se un sistema così fosse introdotto in Italia? E mi chiedo se tutto questo sia un segnale di una civiltà superiore o di una civiltà talmente idiota da non aver pensato che lo STOP potrebbe essere messo solo in una delle due strade che si incrociano. Nel frattempo i freni della mia bici mi hanno abbandonato quasi del tutto, e raggiungere l'università è diventato un'avventura

Conferenze, medici cubani, e subprime mortgages

Un paio di riflessioni tardo serali. Un po' per ammazzare il tempo. Un po' perchè ho appena passato quasi un'ora rileggendo i commenti rilasciati da voi nei post precedenti. Sono arrivato a ritroso fino ai post di Manchester, quasi due anni fa. E devo dire che ho riso parecchio. Quindi, per invogliarvi a commentare, io devo trovare la costanza di scrivere.

Oggi è stato un giorno di conferenze. Ce ne sono tante qui, per fortuna. Ci avevano annunciato che il pranzo sarebbe stato offerto alle 12e30 e mi sono quindi presentato all'appello in mattinata. Quello che vi avevano nascosto è che se fossi andato lì prima delle 9 avrei scroccato anche una colazione. Domani la conferenza continua, e questa volta non mi fregano. Comunque, il tema era qualcosa di estremamente vago del tipo "Globalizzazione: costruire un dialogo Nord-Sud". In poche parole, erano invitati studiosi da una serie di paesi a cui non si pensa quando si deve decidere in che università mandare il proprio figlio. Esempi: Tunisia, Venezuela, India... Canada. Comunque, non ho capito di cosa parlavano. Discorsi molto vaghi, sul filone sviluppo, oppressione, neoliberismo, pluralismo, Global South. Una linguista braziliana che parlava delle conseguenze che ha l'inglese-come-lingua-della-scienza in America Latina. Un non-so-che tunisino che parlava di come popolazioni berbere e arabe devono trovare un non-ho-capito-cosa per far fronte a non-so-che (che comunque immagino sia legato a non-so-qualcosa-che-centra-con-il-Nord). Un giovane canadese parlava dei medici cubani in giro per il mondo, esaltando l'esempio di Fidel e citando Che Guevara. Ho resistito due minuti, poi la mia attenzione è passata alla lettura dei quotidiani sul mio portatile. Pensandoci un minimo, ho pensato che questi argomenti mi avrebbero appassionato fino a due anni fa. Così come avrebbero quantomeno suscitato un po' di timore reverenziale in tutti i bolognesi, aspiranti intellettuali di sinistra. Da cosa derivava invece il mio scetticismo e fastidio? Spiegazione 1: al mio interno sono un Rutelliano, come sostiene Marta ormai da tempi non sospetti (cioè quando Rutelli perse le elezioni). Può essere, ma non è quello il punto. Spiegazione 2: LSE. Si, questo c'entra di più. Un'anno all'LSE ha qualcosa che ricorda il trattamento ricevuto da Alex in Arancia Meccanica. Ok, il paragone è esagerato. Quello che intendo è che LSE è stata una palestra che ha obbligato a tenere gli occhi aperti davanti a uno schermo per un anno. Ad analizzare in profondità. Scomporre. Trovare cause, stabilire legami, ipotizzare conseguenze. Ma il volto era direzionato verso quello schermo. Non si poteva girare il collo per quardare cosa avveniva sulla parete di fianco. E sulla parete di fianco il mondo che sta a sud dell'equatore quarda lo stesso schermo (globalizzazione, politica internationale, finanza, organizzazioni internazionali) ponendosi domande del tutto diverse. Le ho sentite oggi, ma mi sono sembrate poco rilevanti, ingenue. Ma mi rendo conto di come questo sia solo la conseguenza dell'avere adottato, più o meno volontariamente, una particolare visione dei problemi. Mi chiedo quale sarebbe stata la mia reazione alla stessa conferenza senza l'anno all'LSE. Forse avrei capito poco, ma non mi sarei giustificato in modo arrogante dicendo "non sanno cosa stanno dicendo". E mi chiedo quale sarebbe stata la vostra reazione? Immagino che la mentalità LSE faccia di me un ottimo candidato per molti posti di lavoro, ma mi releghi a un futuro da rutelliano, se mai potevo sperare di avere qualsiasi possibilità di presentarmi come "intellettuale di sinistra" sul mercato delle ragazzine bionde sognanti al primo anno da universitarie fuori sede. Comunque, la morale della favola, è che qui invece il guardare cosa succede di fianco lo schermo principale è la norma. Forse troppo. E per me questa è una sfida, anche se spesso mi trovo a dover fare la parte di Giuliano Ferrara quando intervista Fausto Bertinotti.

Ho cominciato a lavorare con Helleiner, il mio supervisor, su un progetto che si svilupperà nei prossimi mesi. Dovrebbe portare ad organizzare una conferenza e a pubblicare qualcosa. Soggetto "private authorities in the international finance". Detto in modo più esplicito, quando le banche si sostituiscono ai politici e prendono l'iniziativa nello scrivere le regole che dirigono la finanza internazionale. Sta succedendo molto in questi giorni nel mondo. In particolare dopo la crisi dei sub-prime mortgage (cito il nome senza avere bene una chiara idea di cosa siano i subprime morgage, immagino mutui scadenti, con poche garanzie che venga ripagato, come quello che la mia banca mi ha concesso). Ogni volta che c'è una crisi finanziaria, l'opinione pubblica si spaventa, i politici cavalcano l'onda chiedendo maggiore regolamentazione di banche o altri attori finanziari (ok, in Italia si parla di altro), l'amministrazione Americana e alcune organizzazioni internazionali cominciano a minacciare di imprimere un giro di vite sulla libertà concessa sui mercati finanziari. A questo punto le banche entrano in gioco, mostrano un sorriso a 24 denti e dicono: "chi può regolare le banche meglio che le banche stesse? FAte fare a noi". Quando l'onda dell'indignazione rifluisce, tutto ritorna come prima, fino alla crisi successiva. Sto leggendo un po' in giro per vedere se è possibile scoprire qualcosa sull'argomento che abbia una serietà maggiore di questa ricostruzione. E devo dire che la cosa mi appassiona.

mercoledì, settembre 26, 2007

Cleaning Team




Apparentemente risolti i problemi di ordine pubblico al bagno. Soluzione: centellinare l'uso della carta igienica. Userò probabilmente il pensiero per lavarmi il c... Questo mi fa pensare che probabilmente ero io la causa dei due intasamenti precedenti.
Ieri sera è entrato in funzione il complicato meccanismo che dovrebbe tenere questa casa pulita: cioè, i turni. Due gruppi da tre che si alternano ogni settimana. E' stato molto divertente. Aseel, l'iracheno, squittiva come una casalinga disperata, dando consigli a tutti su come andasse pulito questo fornello o quel ripiano. In questa foto, lo vedere in una inmancabile posa da Duce, con tanto di italica canotta bianca e fantozziano pantaloni all'altezza dell'ombelico. Alla fine il risultato non è male. Ma sono sicuro che il meccanismo si incepperà già dalla settimana prossima, quando la comunità cinese di questa casa si darà per malata al momento delle pulizie..

lunedì, settembre 24, 2007

Problemi di ordine pubblico

Primi problemi di ordine pubblico nella mia casa. Ieri, liquido di uno strano colore e da un ancor più dubbio odore si è messo a fuoriuscire da uno scarico nel pavimento del bagno.... che dio ce l'ha mandi buona.

venerdì, settembre 21, 2007

Dollaro vs. Dollaro


Ieri è stata una giornata storica per il Canada. Sulle borse internazionali, e in tutti i cambia valuta che trovi sulle migliaia di chilometri di frontiera che dividono il paese dagli Stati Uniti c'era scritto 1. Un dollaro canadese da oggi vale quanto un dollaro americano. Erano 30 anni che questo non succedeva. Solo 5 anni fa, 1 dollaro canadese valeva 0, 65 dollari americani. Poi il valore del dollaro canadese ha iniziato a salire per due motivi. Il mondo ha cominciato ad essere affamato di risorse naturali di cui il Canada è ricco, primo tra tutti il petrolio (potenzialmente il canada è la seconda maggiore riserva di petrolio al mondo, ma questo è contenuto nelle sabbie dell'Alberta, e quindi ancora troppo costoso da estrarre). Il dollaro americano è cominciato a perdere sempre più valore. Due giorni fa, la Federal Reserve, la Banca Centrale americana, ha deciso un taglio netto dei tassi d'interesse, per contrastare la mancanza di liquidità sui mercati internazionali delle ultime settimane. Questo ha ulteriormente diminuito la domanda di titoli denominati in dollari (visto che i loro interessi sono ora più bassi) e permesso al dollaro canadese di raggiungere la "mitica" parità.
Questo non voleva essere un post sui mercati valutari. Tutti parlano di questo, ma la finanza c'entra relativamente. Qualcuno sarò danneggiato, e rimpiange i tempi in cui il dollaro americano valeva il doppio, come le aziende dell'Ontario che dirigevano la maggior parte delle loro esportazioni verso il mercato americano. Il cittadino medio e sicuramente tutte le aziende che comprano dagli Stati Uniti o beni il cui prezzo è denominato in dollari faranno molti soldi. Ma quello che mi ha colpito è il riflesso che questo ha sull'identità canadese. La parità delle valute è stato un grande motivo di orgoglio. Parità di identità (anche se non penso che nessuno dall'altra parte del confine abbia dato peso al dollaro canadese). Ora gli americani li guardano dall'alto, anche se non è strettamente nel loro interesse econoico. Dal punto di vista economico questo discorso è pura spazzatura. Ma dal punto di vista socio-culturale no. Le monete sono qualcosa di più che un mezzo di scambio o una riserva di valore. Sono simboli. Per cinquant'anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Marco tedesco è stato l'unico simbolo tedesco che potesse essere portato con orgoglio all'estero dal governo tedesco, l'unico non intaccato da 12 anni di nazismo. Così la sterlina britannica: sarebbe forse nell'interesse di Londra adottare l'Euro come propria valuta, ma la popolazione considera l'abbandono del Pound una cessione della loro sovranità e identità. Così ora i Canadesi. Possono attraversare i 4'000 km di confine e comprare con la stessa quantità di denaro, il doppio di beni americani rispetto a cinque anni fa. Ripeto, economicamente è un disastro. Ma socialmente, in una cultura fondata sui supermercati, il solo pensiero è una immenso piacere.

mercoledì, settembre 19, 2007

Aseel e l'Iraq

Ieri sera a cena ho avuto il primo dialogo un po' approfondito con Aseel, il mio coinquilino iracheno. Gli ho chiesto quando aveva lasciato il paese, dove viveva, etc... per forzarlo a parlare dell'Iraq. Lui ha esordito dicendo 'ho vissuto solo due anni della mia vita in pace, negli altri è stata guerra'. E' nato a Bagdhad nel 1979. Nell'1980 Saddam ha attaccato l'Iran, in uno scontro che aveva molto a che fare con la guerra fredda che sovrastava tutto e tutti. La guerra è proseguita fino al 1988. Solo lì, lui ha vissuto il suo secondo anno di pace. Poi la guerra del Golfo di Bush padre, il regime di sanzioni degli anni 90, la guerra del Golfo di Bush figlio, la guerra civile di tutti contro tutti. Ha lasciato il paese nel 2005, quando ha ottenuto una borsa di studio per venire a studiare in Canada 'biologia delle paludi' o qualcosa di simile. Ha fatto una lunga analisi su cosa sta succedendo, quali sono le prospettive future, e così via. Ma quello che mi ha colpito sono altre cose. La tenerezza con cui parlava dell'univerità di Baghdad, a suo avviso una perla nel Medio Oriente. La sua vita da cristiano in un Iraq diviso tra Sunniti e Sciiti, e come nella sua casa tutte quelle confessioni si ritrovavano. Mi ha detto che si è trovato faccia a faccia con la morte 5 volte, ma quella è una storia lunga, e ha promesso di raccontarla in futuro. Ma ha chiuso con una di quelle frasi che sembrano uscite fuori dalla bocca di uno sceneggiatore: "Amo Baghdad. E' la città in cui sono nato e cresciuto. Nonostante abbia tentato di uccidermi. Quando una città tenta di ucciderti, allora la amerai per sempre".

La mia camera






Messaggio preliminare: questo post potrebbe essere sentimentale.

La mia camera è pronta. Metto su questo blog. Per spuro spirito di narcisismo. O forse c'è qualcosa di più. La mia camera è abbastanza buia, e le pareti sono ricoperte di legno. Ho voluto inondarla di colori. Renderla un luogo più luminoso, specialmente in vista del lungo inverno e della poca voglia che avrò di uscire da questo luogo quando fuori fa freddo. Ho appeso le pareti molte delle foto che si trovano su queste pagine. Luoghi che ho amato negli ultimi due anni, sulla parete di destra. I portici di Strada Maggiore, Berlino, il Palace Hotel a Manchester, due coppe di birra a Bruxelles, il Millunium Bridge di Londra e altro. Sopra il letto ho fatto stampare in formato poster una foto che avevo scattato a Manchester. E' un comignolo. Il comignolo della casa di fronte alla mia. Era una domenica mattina, inverno, faceva freddo, ma uscendo di casa ti accoglieva un cielo meraviglioso, cristallino, di quelli che Londra non ha mai avuto. Quella foto non rappresenta nulla, ma per me c'è l'intera esperienza di Manchester in quel comignolo di mattoni rossi. Sulla parete di sinistra ho messo le persone che più sono state vicine in questi due anni. Nessuno è finito in bagno. La mia famiglia nel giorno della laurea, i scienzepolitichesi lo stesso giorno, mia sorella con Irene. Poi Eunbin, il Rosso in visita a Londra. I compagni dell'LSE, felicemente ubriachi al Beaver, il giorno in cui finirono le lezioni. Io che correggo la mia tesi in un parco pubblico di Praga. La fermata della metropolitana di Angel, a Londra, con le sue scale mobili più lunghe d'Europa. Manlio a Bologna il giorno in cadde Berlusconi (dovrei dire fu eletto Prodi, ma non suona altrettanto bene). Jenn e Nancy. Nik e la Silvia la sera in cui celebrammo a Bologna la mia partenza per Londra. Io e Marta seduti sulla scalinata di Strada Maggiore, in una foto del primo anno di università. Lisa. I fidentini urlanti la sera in cui l'Italia vinse i mondiali. Cece a Praga con la sua guida turistica da uomo di mezza età (per gli esclusi, probabilmente nelle foto che avevo non avevate la vostra espressione più brillante di chi ha appena bevuto il quarto Long Island). Era tantissimo tempo che ogni volta che vedevo queste foto sul mio computer pensavo "vorrei averle sul muro". Ora l'ho fatto. Ora che ho messo questi luoghi e queste persone sul muro, è come se il mio arrivo sia finalmente concluso. E il viaggio che mi ha portato qui è passato attraverso queste persone e questi luoghi, a cui sono estremamente riconoscente.
E poi c'è il divano rosso... lui che renderà la mia camera 'un grande protagonista del Novecento'

lunedì, settembre 17, 2007

Divano rosso

Ho un divano rosso in camera mia. Mi sono permesso di abbinare anche un copri-divano rosso e un cuscino rosso. Questo rosso mi salverà dalla depressione quando fuori sarà tutto bianco. E non potete immaginare quanto il pensiero di avere un divano rosso con un cuscino rosso mi renda felice.
P.S. no, non sono rincretinito.

domenica, settembre 16, 2007

Sempre di domenica

Seconda domenica a Waterloo, e seconda domenica nostalgica. Ripeto, le domeniche fanno questo effetto. Il mio fine settimana se ne è passato tra shopping, studio, e alcol. Detto così suona molto eccitante, nella realtà lo è un po' di meno. Dopo ripetute insistenze di mia madre mi sono deciso a cercare una giacca per sopravvivere nell'inverno. Sono andato in un negozio di articoli sportivi, ho fermato la commessa e le ho detto: "sono in questo paese da due settimane e non ho la minima idea di che tipo di giacca può tenermi vivo durante l'inverno". La ragazza mi ha guardato con aria compassionevole e ha detto: "ti capisco, sono brasiliana e sono arrivata qui da due anni. E odio questo clima". In verità c'è ancora relativamente caldo (massime 20, minime 4) quindi ho deciso di non comprare alcuna giacca invernale per non deprimermi in anticipo. Mi sono limitato a una giacca autunnale (autunno canadese, è una giacca da snowboard in tessuti tecnici) che mi terrà vivo per almeno due mesi.
Ieri sera sono uscito con alcuni ragazzi del mio corso per una bevuta in uno dei pochi pub che popolano il centro di Waterloo. La scusa formale era festeggiare il mio compleanno in ritardo. Quindi a turno tutti mi hanno offerto uno shot di un qualsiasi superalcolico senza dirmi cosa era. A quanto pare è una usanza canadese. Purtroppo è usanza canadese fare scherzi, come il far bere uno shot che per il 10% è alcool e per il 90% è tabasco, una spezia incredibilmente piccante. Stavo per morire e vomitare in mezzo al locale. Mi sono contenuto bevendo una pinta in pochi secondi. Comunque alla fine della sera ero abbastanza provato. Oggi, domenica, mi sono rifugiato nel mio ufficio a studiare. L'ho fatto un po' per stare in compagnia con altri compagni, ma soprattutto per sfuggire al rumore dei soliti carpentieri indiani che dovrebbero finire i lavori in camera mia. Ufficio senza finestra. quindi di fuori potrebbe succedere di tutto che non me accorgerei.

Ho un serio problema con il codice della strada canadese, che mi fa rischiare la vita ogni volta che torno a casa in bicicletta (oltre al fatto che la mia bicicletta usata ha i freni che non frenano, e che non ho il casco, qui obbligatorio). Qui esistono degli incroci in cui in tutti i quattro lati vi è un segnale di STOP. Se arrivano più macchine insieme, tutte si fermano, e poi passano a turno, un po' di quà e un po' di là. Non ho capito se esiste una logica che regge tutto questo e quindi gli automobilisti si irritano sempre con me perchè rimango fermo quando dovrei partire. Qualcuno può aiutarmi a capire?

venerdì, settembre 14, 2007

mio compleanno

Grazie a chi mi ha mandato una mail di auguri. A chi si è dimenticato, mettere un commento qui e col tempo vedrò di perdonarvi (e magari di trovarvi un lavoro in futuro). Volevo solo dire che il giorno del mio compleanno è iniziato male ma finito meglio. Sono sempre così le mie giornate.
Comunque, cosa ha contribuito a migliorare un umore decisamente pessimo sono 3 cose. Primo, il ricevimento dal Dr. English, e la dose di free food annessa. Non sono più nella condizione di Londra, di dover risparmiare sul cibo, ma il cibo gratis ha sempre un gusto speciale. Secondo, un dialogo avuto con Helleiner, il mio supervisor. Dovevamo cominciare a parlare di che genere di lavoro farò all'interno delle ore richieste per la borsa di studio, e il modo in cui ha impostato il rapporto tra noi mi ha fatto molto piacere. Io ho 23 anni e nessuna esperienza, lui è uno dei più rispettati studiosi al mondo nel campo, ma mi ha chiesto di cominciare a scartabellare un po' della letteratura su un certo argomento (private forms of financial standards and codes) per arrivare a un progetto comune, organizzare una conferenza qui dove chiamare alcuni dei maggiori studiosi del campo, e magari anche a una pubblicazione (una literature review) con i nostri nomi. Non so se si arriverà veramente fino a una pubblicazione, ma è bello vedere che nonostante mi conosca da una settimana, non abbia remore a puntare in alto.
Terzo, ieri sera ho comprato un biglietto aereo per Washington, DC. Ad inizio ottobre, andrò un fine settimana (dal 6 all'8) a trovare Nancy, una mia amica di Londra che lavora a Washington nella Banca Mondiale. Sarà molto bello rivederla. Ma il viaggio ha anche un altro significato. Sarà la mia prima volta negli Stati Uniti. Sono contento di essere in Canada perchè volevo vedere come era l' "impero" (non prendete il termine seriamente, per favore) rimanendo un attimo distaccato, nella sua prima provincia. Ma il confine è così vicino che spero di attraversarlo spesso, con la tranquillità di chi può sempre tornare a nord, dove le pistole non esistono, i repubblicani sono marginali, e nessun villaggio del Texas ha perso il suo scemo del villaggio.

I ricevimenti del Dr. English

Ieri pomeriggio si è tenuto l'attesissimo ricevimento a Casa English. Attesissimo da me e James (un mio compagno di dottorato) che stavamo da tempo scommettendo sulla presenza di cibo, e che avevamo per questo saltato il pranzo. Scommessa vinta. Anzi scommessa stravinta. immensi vassoi ricchi di frutta e panna, gamberetti sistemati con cura attorno a una salsa deliziosa, patè e crostini, cornucopie di salumi, e poi vino e birra in volontà. Ricapitoliamo. John English è uno dei miei professori, uno storico, nonchè direttore del Centre for International Governance Innovation per cui sto lavorando a volte durante la settimana. Per inaugurare il nuovo programma in Global Governance di cui sono parte ha annunciato un ricevimento a casa sua nel pomeriggio. Ci rechiamo in questa zona in Kitchener (la città gemella di Waterloo, 5 minuti in macchina dall'università) e troviamo una casa immensa in un quartiere stile Desperate Housewives. Spero che conosciate cosa intendo (e se non conoscete DH, forse è ora di iniziare a guardarlo). Villette in stile Disney che si dipanano su spaziosi viali alberati. Erba perfettamente tagliata di fronte a ognuna di questo. Entrando in casa vi accoglie il pianoforte e un gigante ritratto della moglie, vicino alla foto del figlio nel giorno della sua laurea. Al ricevimento ci sono proprio tutti. Professori, studenti, segretarie, assistenti, forse anche le donne delle pulizie. Il caro Dr. English non bada certo a spese. L'impressione è che abbia organizzato il ricevimento a casa propria per togliersi il gusto di mostrare a tutti in che fantastica casa abita e per dare alla moglie il piacere di aggirarsi tra gli invitati con un vassoio di gamberetti tra le mani dicendo: "Try some. This is the freshest food you can find in town".
C'è qualcosa di inquietante in quell'esperienza. Questa forma di famiglia allargata, dove tutti sorridono, dove tutti parlano con tutti in maniera cordiale, e dove tutti si interessano di tutti è destabilizzante. Sembra veramente una scena di Desperate Housewives, e mi ritrovo a disagio, pensando che tutto ciò sia in qualche modo ipocrita, pura facciata, relazioni sociali al gusto di gamberetto. Ma non è solo questo. La disponibilità e cordialità non è pura facciata. E' quello che può esistere solo in una comunità ristretta come può essere un dipartimento non troppo grande di un'università. Azzuffandosi di gamberetti, si può trovare veramente qualcuno pronto ad ascoltare, dare consigli, chiedere consigli. I professori sono a un vassoio di distanza (o a un ufficio di distanza, nel caso del mio ufficio) e la loro porta non è mai chiusa per te. Sto già apprezzando molto questa dimensione "famigliare" e per un po' ne trarrò molto beneficio. Ma penso anche che mi spaventa un po'. Non è un caso che anche dalle migliori famiglie, dopo un po' si ha voglia di scappare. L'essere immerso in un ambiente chiuso e protetto può diventare soffocante dopo 1/2 anni. Questo è il mio progetto per la mattinata, passare due anni qui, ottenere il massimo che posso, e poi trasferirmi da qualche parte a fare ricerca e continuare il dottorato, al riparo dai ricevimenti del Dr. English.

mercoledì, settembre 12, 2007

Carpenteria Vol.2




Non penso di averlo letto da nessuna parte nella mia lettera di accettazione, ma un dottorato di ricerca non dovrebbe iniziare con martello e seghetto. Il mio è stato così. Dopo aver aiutato i tre fantastici carpentieri sikh (i quali, come ho diagnosticato al primo sguardo, nella vita fanno tutt'altro e si dedicano alla carpenteria economica solo nei fine settimana), mi sono cimentato in altri lavori di rifinitura della mia futura camera. Comprato poster vari (fotografie di fiori, Van Gogh, locandine art deco) e fatto stampare foto di Fidenza, Bologna, Manchester e Londra. Probabilmente avrai un posto nella mia camera, se ti va male sarà nel mio bagno. Comunque, quando i lavori saranno finiti (se e quando i tre simpatici vecchietti sikh torneranno) metterò una foto.
Ammetto che questi giorni non sono facili. Anzi forse sono i più difficili. Passata l'eccitazione dei primi giorni in cui tutto è nuovo. Non ancora arrivata la serenità che trovi quando tutto è di casa. Mi trovo ancora in una sorta di guado che potrebbe durare a lungo. Domani è il terzo compleanno di fila che non-festeggerò in un posto nuovo.
Nelle foto ci sono il mio coinquilino Aviv, e la mia casa.

domenica, settembre 09, 2007

Waterloo - Settimana N.1


E' domenica mattina, 9 settembre 2007. Questo vuol dire che sta per finire la mia prima settimana canadese. E siccome è domenica mattina e piove, sono abbastanza nostalgico. Le domeniche mattina mi fregano sempre!
A parte la nostalgia che mi prende in questo momento, volevo scrivere due righe per descrivere questa settimana particolarmente intensa.
Finalmente ho una casa. E per di più un'ottima casa. Molto grande, spaziosa, due salotti con 6 divani e due televisori attorno ai quali una tipica famiglia canadese può trovarsi, sedersi, e ingrassare davanti alla televisione mentre guarda partite di hockey. La mia camera è molto grande, ma ha il problema di essere nel seminterrato e quindi abbastanza buia. In verità la mia camera non esiste. Al momento esiste solo un immenso salone, in cui da due giorno 3 diligenti carpentieri sikh, con il loro turbante e parlata incomprensibile, stanno lavorando per costruire due mura e un armadio con solo assi di legno.... tipicamente canadese. Comunque sono intenzionato a spendere fino all'ultimo centesimo della mia borsa di studio per rendere la camera un posto che mi salvi dalla depressione durante l'inverno. Ho cominciato comprando cornici, decine di cornici, in cui appendere foto di Fidenza, Bologna, Manchester, Londra che ho sempre voluto appendere, ma senza mai avere una camera in cui sarei stato tempo a sufficienza per farlo. Ora ce 'ho. Certo, razionalmente avrei dovuto iniziare comprando una coperta per l'inverno o un cuscino, ma quando sono passato per il reparto cornici del centro commerciale (vera anima spirituale e culturale del paese), quella mi sembrava la priorità assoluta. La prossima saranno lampade e fiori finti.
I miei coinquilini sono 4. Quello a cui più mi sento vicino, nonchè il padrone di casa è Aviviere (abbreviato Aviv). Un ragazzo canadese di 24 anni, ma di origini indiane. Penso che potrebbe nascere una bella amicizia tra noi. Poi c'è James, studente canadese di scienze informatiche. Una di quelle persone che spendono 20 ore davanti al computer (come me, quindi) ma 10 di queste ore sono videogiochi (a differenza di me). A portato in casa il Nintendo Wii e questo potrebbe aiutare durante l'inverno. Poi c'è Sal (non si scrive così ma non ho ancora capito). Iraqeno. Studente di biologia marina. Cattolico. Mi ha mostrato emozionato le foto di suo fratello che fa il chierico vicino a Ratzinger. Mi racconta emozionato che suo fratello vive in Vaticano, dove studia filosofia e si prepara a diventare prete, e mi chiede di tradurgli l'indirizzo che compare su una busta: "Pontificio COllegio Urbano VIII, Vaticano".
Questa settimana ho anche avuto il primo approccio con tutte le persone con cui affronterò l'esperienza del dottorato. I ragazzi che iniziano il dottorato quest'anno sono 9. Ragazzi simpatici, molto alla mano, quasi tutti canadesi, con la freschezza e spontaneità che invidio ai canadesi. Fra due giorni inizio le lezioni, e avrò modo di approfondire (P.S. per DAV, sono la maggior parte maschi, mentre le due femmine sono rispettivamente sposate e sull'orlo di convolare all'altare). Ma soprattutto ho conosciuto Helleiner, il mio futuro supervisor, nonchè la persona che mi ha spinto a venire qui. Ottima impressione, persona giovane, entusiasta, che ride sembre, e con cui ho chiacchierato del più e del meno per due giorni. La settimana prossima inizierò a conoscerlo dal punto di vista accademico, e capirò veramente se lui è persona di cui ho bisogno per crescere.
Ho parlato solo di università e di casa, mentre ho tralasciato la città, per il semplice motivo che la città non offre veramente nulla. Se posso fare un paragone italiano, pensate e Forlì. Se ci siete nati e cresciuti, la amerete e decanterete il suo fascino più profondo, la gioia della vita di provincia, la bellezza dei suoi portici. Se ci arrivate, vorrete solo fuggirne. Io non voglio fuggire da Waterloo, perchè spero che lo stimolo che l'università potrà darmi, e le amicizie che farò compenseranno la noia assoluta della città. In verità la città non sarà altro che un centro commerciale in cui comprare le cose necessarie per sopravvivere, e le cose accessorie per godersi i momenti in casa. Quello che più mi turba sono le distanze e le temperature. Tutto è molto dilatato. L'università è a 20 minuti di cammino da casa mia. Non tanto considerato che a Londra camminano mezz'ora. Ma qui sarebbero 20 minuti nel mezzo di quartieri residenziali e villette monofamiliari. Ho comprato una bici per accorciare questa pena (see picture). Ma quando verrà il la neve e il freddo (-25, -30) dovrò ricorrere alla macchina (gli autobus ci sono ma non sono molto frequenti). Sembra che i miei coinquilini siano disposti a scorrazzarmi in giro con le loro macchine mentre vanno in università. Comprare una macchina sarà probabilmente indispensabile per vivere e apprezzare la "provincia americana". Nonostante sia in Canada, la vita che vedo attorno è molto simile alla provincia americana raccontata da Hollywood, quella del Grande Lebowsky o dai Simpsons, dove le persone fanno a gara ad avere la macchina più larga, dove escono dagli Starbucks e posano il loro bicchierone di caffè nell'apposito vano porta-bicchiere vicino al cambio (rigorosamente automatico), dove la vita sociale avviene nei centri commerciali e non esistono teatri, musei (qui c'è solo un Multisala all'interno di un centro commerciale), dove le famiglie espongono i mobili usati di cui vogliono disfarsi nel giardino davanti casa con un cartello di cartone sui cui scrivono a penna $10, dove la gente non chiude a chiave ne' le macchine, ne' la loro casa, ma dove se rimani troppo tempo sulla tua macchina parcheggiata davanti a casa tua, la vecchietta che abita di fronte chiamerà la polizia perchè insospettita (questo è successo l'altra sera), dove se devi comprare delle porte lunghe 2 metri e mezzo ti rechi al supermercato con una normale macchina sportiva, le infili nel bagagliaio e lasci che quasi due metri sporgano oltre alla macchina, tanto la polizia non farà problemi (è successo ieri, mentre con Aviv cercavamo le porte per le nostre nuove camere). La provincia americana è un posto banale e superficiale, ma è un posto libero. Non anarchico, ma libero. So che la odierò e mi rifugerò nella nicchia intellettuale e simil-europea costituita dall'università, ma appena sali su una macchina e imbocchi una qualsiasi delle strade, tutte rigorosamente con almeno tre corsie, senti che quella strada la potresti percorrere per sempre.

giovedì, settembre 06, 2007

Nuova partenza: Milano-Waterloo

Sono arrivato in Canada nel mezzo del pomeriggio, mentre il mio fuso orario cominciava a reclamare un po' di sonno. Scendi dall'aereo e invece degli orsi polari e freddo pungente che da mesi tutti mi raccontano per farmi cambiare idea mi accolgono quasi 30 gradi e un sole a picco sulla pista di asfalto (il freddo arriverà, forse fra non molto, ma non voglio pensarci già adesso).
Alla dogana, l'ufficiale ha analizzato le carte e mi ha dato un visto valido fino al 2011. Poi, visto che era appena uscito da un ospedale, mi ha invitato ad andare a trovare presto la tomba in cui sarà sepolto. Gli ho augurato che lo reincontrerò alla dogana.
Il mio arrivo in Canada non è stato quindi innevato.. ma segnato dal caldo afoso. Poi con Thanh, il mio angelo custode che mi è venuta a prendere in aeroporto e mi sta scarrozzando in giro in questi giorni, e Lou, il fratello di un mio amico canadese conosciuto a Londra, ci siamo diretti a Toronto. Prima notte passata "downtown", quello che da noi sarebbe il centro, e che in tutte le città nordamericane è la parte di città più affascinante, quella dei grattacieli che normalmente compare in cartoline speditevi dal parente di turno. Casa sua è un bell'appartamento al 24 piano di un palazzo di 40. Prima cena: un cheeseburger. Poi il giorno dopo ho finalmente raggiunto Waterloo. Come è? Come me la aspettavo. Cioè una città di medie dimensioni, dove poco succede e poco può succedere al di fuori delle due università, cuore pensante della città, e della Research in Motion, cuore pagante della città, cioè il più grande costruttore di telefonini canadese che qui ha la sede e muove molti soldi. Ma non è per la città che sono venuto qui. Il campus è una città nella città, abitata da migliaia di scoiattoli che corrono ovunque nelle distese di verde tra un edificio e l'altro (uno rigorosamente più brutto dell'altro). I servizi per studenti sembrano invece essere ottimi, e c'è un rapporto tra professori e studenti stressissmo. La gente che mi ha accolto in Canada è fantastica. Ironica (anche se i canadesi hanno la fama di non avere il senso dell'umorismo), disponibile, molto gentile. Devo stare attento a dove rivolgo lo sguardo mentre cammino. Ho infatti l'abitudine di guardare negli occhi le persone che mi camminano incontro. Ma quando lo fai qui, questi si fermano e ti dicono "ciao, come va?". Domani mattina finalmente incontro il mio supervisor Eric Helleiner, il principale motivo per cui sono qui. L'ho incrociato per il campus oggi pomeriggio mentre con un ridicolo casco da ciclista saliva in sella. Mi sono presentato e lui mi ha detto che mi immaginava diverso. Non so perchè ma la cosa mi ha fatto contento, forse pensava mi presentassi con una pizza e un mandolino. Poi ha detto che doveva scappare per passare a ritirare i figli all'asilo. Domani ho appuntamento con lui per cominciare a parlare più a fondo di quello che succederà nei prossimi mesi. Dopo di che, domani iniziano i mille incontri di benvenuto, ricevimenti, birre, zuppe e così via...
E' iniziata la mia ricerca della casa. Ho già fatto una ventina di telefonate e visitato quasi una decine di case. Sono stato fortunato che al primo tentativo ho trovato una cosa che mi piace molto, abitata da studenti più o meno della mia età (non 18enni al primo anno fuori di casa). Unico problema: 20 minuti a piedi dall'università. Poco male per uno che vuole dimagrire. Poco bene, per uno che quando fuori sono -20 gradi a casa vuole arrivarci non assiderato. Domani vedo ancora qualche casa e poi sceglierò.
Arriviamo alla cosa più importante...(e non sto per parlare di donne)... cioè il cibo. Mi sono già perso dietro ai troppi milkshake, specie di frullati, che mi sosterranno nei prossimi due mesi, prima che il gelo prenda il sopravvento. A quel punto passerò ai beveroni di caffè Starbucks, o alla vodka. Non avendo ancora una cucina in cui mettere a punto quelle due cose di cucina italiana che so, il mio inizio è stato segnato da Cheeseburger e tranci di pizza. questo vuol dire che i miei sogni di perdere 8 chili sono destinati a fallire?