Pechino Vol.3 - Le colonne d'acciaio della Città Proibita
Scrivere sul blog dopo un viaggio è un regalo che mi faccio, una scusa per riflettere sulle cose viste, le esperienze vissute, le persone incontrate. Adoro dare giudizi, il più decisi e perentori possibili. L’ho fatto sempre in Inghilterra. L’ho fatto sempre in Canada. Ma questa volta è difficile. Non ho trovato la chiave per aprire la città. La chiave di lettura per decifrare la città non passa attraverso lo sguardo del turista. La città non cattura gli occhi. A fianco di Silvia, i primi giorni sono stati dedicati agli itinerari turistici. La Città Proibita. Poi il Tempio del Cielo, e il Palazzo d’Estate. La Grande Muraglia. La Pagoda Bianca e il Tempio del Lama. Ma chi spera di trovare la chiave di lettura attraverso passato di Pechino si scontra subito con la realtà che persino le colonne dei padiglioni che separano i cortili interni della Città Proibita sono fatti d’acciaio dipinto di rosso. Silvia si indegna. M. spiega che l’idea di “conservare” il patrimonio storico è lontano dalla cultura cinese. Più naturale copiare e ricostruire. As esempio, gli hutong, le case antiche che popolavano il Pechino, basse e che si affacciano su un cortile interno mentre nulla traspare dal di fuori. Queste sono state in larga parte distrutte negli ultimi anni, con un accelerazione notevole a ridossi delle olimpiadi. Al loro posto grattacieli. La città che si sviluppava a macchia d’olio in orizzontale, ora si alza in piedi. L’idea che distruggendo gli hutong si distrugga anche il patrimonio storico di Pechino impallidisce di fronte all’idea che costruendo al loro posto dei grattacieli si permette alle nuove persone che hanno raggiunto il benessere economico di vivere in case con l’acqua corrente, e a Pechino di diventare una città moderna. Il futuro cinese richiede spazio, e il passato deve farsi da parte. E’ impossibile trovare la chiave di lettura per capire Pechino attraverso il suo passato perché il suo passato semplicemente non è più lì, sopraffatto da varie rivoluzioni, una rivoluzione comunista, una rivoluzione culturale, e una rivoluzione capitalista. Quella che appare non è la Pechino del passato, ma la Cina che sta entrando nel XXI secolo. La Pechino del XXI secolo è un “mostro”, come dice Luca. Una città sterminata, piatta, inquinata e sovraffollata, senza alcun punto di riferimento visivo all’orizzonte, che assorbe persone ed energie dal resto del Paese e le trasporta dal passato alla modernità.
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