Diario della crisi, Parte 4 – Una piramide capovolta
La prima volta che ho letto su un giornale l’espressione “mortgage-backed Securities” non avevo la minima idea di cosa questa espressione volesse dire. Ancora ora non ho ben chiaro come tradurre l’espressione in Italiano.
La descrizione più chiara che ho trovato su internet li definisce “Titoli di credito garantiti da un pool di prestiti ipotecari di tipo residenziale o commerciale. Essi derivano da un processo di securitization che trasforma i mutui ipotecari in titoli scambiabili sul mercato”. Oppure, “Titoli emessi a fronte di un’operazione di cartolarizzazione il cui cash flow è garantito dal rimborso di mutui commerciali o residenziali”. Non chiara abbastanza? Ne hoMi stupirei dei contrario.
Nella maggior parte delle banche italiane, quando una famiglia si reca a chiedere un mutuo, la banca analizza le possibilità che questa famiglia ha di ripagare il capitale prestato e accede ai propri depositi per concedere il prestito. Gli interessi che mensilmente vengono pagati sono il prezzo che la banca riceve per aver impegnato il proprio denaro in quel mutuo e per essersi assunto il rischio che la famiglia ha cui prestato i soldi non sia in grado di ripagare. Il sistema creditizio americano si è invece sviluppato secondo un modello diverso (che ha fatto capolino in Europa solo negli ultimi 10 anni). Quando l’istituto creditizio concede un mutuo, questo non rimane nei suoi libri contabili. La “promessa di ripagare”, e il flusso di denaro che questa genera mensilmente, non viene tenuto dalla banca che ha conceduto il mutuo ma viene venduto. A chi? Ai mercati finanziari, altre banche, piccoli risparmiatori, chiunque. Vengono create delle obbligazioni o titoli azionari, i quali vengono quotidianamente scambiati nei mercati finanziari, il cui valore deriva dal futuro pagamento delle rate del mutuo. Comprando quella obbligazione ci si assicura una parte dei soldi che la famiglia avrebbe dovuto restituire alla banca.
Questo processo viene chiamato “securitization”. Nella lingua italiana, “cartolarizzazione” (qualcuno si ricorda di quanto Tremonti propose di cartolizzare il debito dello stato italiano?). Inoltre, le “mortgage-backed Securities” venivano divise in piccole parti e mescolate con titoli del tesoro o altre obbligazioni, e impacchettate in nuovi strumenti finanziari chiamati “collateralized debt obligations” (CDOs).
Allo stesso tempo, molti istituti finanziari cominciarono a vendere “credit default swap” (CDS). Questi erano “derivati finanziari” che assicuravano contro le possibili perdite che derivassero dal default di un mutuo o prestito. Nel 2001 il valore nominale di questa famiglia di titoli era mille miliardi di dollari (1 trillion). A metà del 2007, il mercato aveva raggiunto i 45 trillioni (migliaia di miliardi) di dollari.
Per capire il legame tra questi strumenti finanziari e l’economia reale, pensate a una piramide capovolta, che si regge sulla propria punta. La punta è il mercato immobiliare. Lo strato superiore, più ampio, è il mercato finanziario costituito da una miriade di strumenti finanziari il cui valore dipende da quello del mercato immobiliare (la metafora viene da un libro molto bello, “The Trillion Dollar Meltdown” di Morris). In cima alla piramide ci stanno i credit default swap, che sono appunti strumenti finanziari il cui valore non deriva dal valore di qualcosa di reale come una casa, ma bensì dal valore di altri titoli finanziari (i mortgage-backed Securities, appunto).
Questa piramide ha avuto per anni effetti positivi. Il processo di “securitization” è stato difeso e lodato per i suoi effetti benefici. Se una banca si assume interamente il rischio che il proprio cliente non sia in grado di ripagare, questa subirebbe una perdita notevole nel caso le cose girino nel verso storto. Ma se quel rischio viene diviso in piccole parti e diffuso su tanti investitori, il rischio diventa più piccolo. Dividendo i mutui i vari pezzi e vendendo questi pezzi sui mercati, il rischio che una famiglia non potesse ripagare il proprio mutuo diventava veniva disperso. La presenza di assicurazioni nei confronti di un eventuale default (credit default swaps) disperdeva ulteriormente il rischio. Così disperso da essere irrilevante. Questo meccanismo permette che ci siano più persone disposte ad investire in questi titoli, più capitale disponibile per finanziare mutui, mutui più convenienti, più persone che possano comprare una casa. Gli effetti positivi di questo sistema sono stati notevoli.
Ma cosa succede se un numero alto di famiglie smette di pagare il proprio mutuo perché il valore della propria casa è crollata? Cosa succede se la punta della piramide rovesciata oscilla? In quel caso, la base della piramide subirà oscillazioni ancora più ampie. E così è successo. Quando la bolla nel mercato immobiliare è scoppiata, le obbligazioni che derivavano il loro valore dal mercato immobiliare sono diventati carta straccia (questi titoli azionari non rappresentavano altro che la promessa di pagamento di una serie di mutui divisa tra tanti investitori che si assumevano il rischio, con il valore dell’immobile come collaterale). Il problema è che a questo punto, questi strumenti finanziari erano ovunque. Nelle mani delle maggiori banche. Nelle mani di investitori. Nelle mani di fondi pensioni. Nelle mani della Banca Centrale Cinese. Come è si è arrivati a ciò? I mutui subprime – mutui privi di garanzie, dati a persone che non potevano permettersi di ripagare - erano stati spezzettati e mescolati assieme a titoli più sicuri, creando “credit default obligations”. Dopo di che erano intervenute le “credit rating agencies” come Moody e Standards & Poors. Il compito di queste agenzie è valutare la solidità di una compagnia o di uno stato, e dare un giudizio sulla possibilità che questi ripaghino il proprio debito (immagino tutti abbiano sentito nei telegiornali una frase del tipo: “Oggi Moody’s ha rivisto il proprio il giudizio sul rating del debito pubblico italiano”). Lo stesso tipo di giudizio è stato dato nei confronti dei titoli garantiti dal rimborso dei mutui. E la maggior parte delle volte il risultato era un timbro Tripla-A, il massimo livello di sicurezza per un titolo azionario. Titoli che in verità erano tossici (visto il rischio che le famiglie non potessero ripagare i loro mutui-facili) venivano assemblati insieme a titoli più sicuri, e assegnato un timbro di garanzia AAA. Questo ha permesso che titoli “tossici” si disperdessero nei mercati finanziari, venendo comprati da istituto finanziari che non capivano o sottostimavano la loro rischiosità. Questa situazione era aggravata da un problema di incentivi. Le persone che originavano questi mutui venivano pagati in base al numero di mutui elargiti, non in base alla probabilità che questi venissero effettivamente ripagati. Il fatto che chi creava il mutuo lo avrebbe poi rivenduto ai mercati finanziari invece di assumersi il rischio, portava a chiudere un occhio sul tipo di persone a cui veniva rilasciati i prestiti. Tanto, in caso le cose fossero andate male, il costo sarebbe stato pagato da qualcun altro.
Il rischio che doveva essere disperso era ora ovunque, come una tossina che entra in circolo nelle vene. Il rischio che doveva essere spezzettato dal processo di cartolarizzazione, non era diminuito ma solo nascosto, così che le persone che detenevano questi titoli non erano arrivati a capire esattamente quale fosse la base di ciò che avevano nel proprio conto titoli.
Finchè a fine luglio 2007, due fondi di investimento gestiti dalla banca americana Bearn Stearns, e che avevano investito abbondantemente in MBS, dichiarano bancarotta. Da lì la strada è tutta in discesa, e non è ancora chiaro dove sia il fondo.
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