mercoledì, settembre 17, 2008

L'esame

Ore 8e46. Fra 14 minuti si dovrebbe accedere una luce rossa sul mio desktop. Tipo quell ache lampeggia nell’Ottobre Rosso, il sottomarino nucleare sovietico condotto da Sean Connery quando alle spalle arriva l’intera marina russa. Non una luce di emergenza, ma una mail con due domande. Sto per iniziare l’ultimo esame della mia vita. Esame accademico intendo. Dopo di quello, solo esami medici, esami del sangue, esami del contatore dell’acqua e gas, esami per rinnovare la patente. SArà un esame di 24 ore. Le domande vengono inviate agli studenti alle nove di mattina in una e-mail. Le risposte vanno riconsegnate la mattina dopo. Si chiamamo “comprehensive exams” in quanto lo scopo è quello di testare la conoscenza della “letteratura” accademica, di tutta la letteratura nel campo dell’economia politica internazionale, prima di lasciare lo studente al proprio destino e alla sua ricerca. Mi chiedo quale è stato il primo esame che abbia dato in università. Ah si! Primo parziale di Microeconomia. Novembre 2003.Sulle gradinate di Via BErti Pichat 250 studenti sudati e vocianti. Davanti a loro stava Francesca Barigozzi, detta Franci, se ne stava impaurita alla cattedra, con un tono forzatamente sicuro, che celava l’insicurezza di chi aveva più figli che anni di insegnamento accademico. Si è accesa la luce rossa. Si inizia. Ciao Franci. Ti penso sempre con affetto.

Ore 9:05. Ecco la mail.
You have 24 hours to complete this exam. Answers are to be submitted electronically to Professor Boychuk/April Wettig at the end of the exam period.
Q1 –Which theoretical tradition (or traditions) in the study of global political economy best explains the evolution of the governance of the global political economy since 1945?
Q2 – Answer one of the following:
a) Who exercises authority in the international monetary and financial system and how?
b) "Global financial markets have become ungovernable" Discuss.
c) "Because globalization is most extreme in the financial sector, it is in this sector of the world economy where innovations in governance have been most pronounced." Do you agree?
Le domande non sono scontate ma sicuramente non difficili. Non esiste una risposta, ma migliaia di modi per argomentare. La pancia comincia a lamentarsi. Conosco quel movimento. E’ il famoso mal di pancia isterico da esame. Pensavo di aver imparato a controllarlo dai tempi del liceo. Basta non pensarci e lei si calma. Colonna Sonora: The Cinematic Orchestra


Ore 11:20. 21 ore e 40 minuti alla fine. Le risposte stanno uscendo abbastanza naturalmente, la pancia si è calmata, ma sale la fame isterica. Afferro dal frigorifero i tortellini alla panna che avevo cucinato ieri sera. Scaldarli nel micronde è un lusso inutile a questo punto, visto la natura puramente psicologica della fame. Non ho fame, solo bisogno di muovere la bocca. Nel frattempo perdo un mare di tempo su internet per controllare se assisteremo oggi alla fine del mondo sui mercati finanziari e il collasso del più grande gruppo assicurativo del pianeta (AIG) o se le autorità americane interverranno. La borsa Americana per ora regge. Non che mi interessi più di tanto, ma ho la sensazione che è meglio per me se la fine del mondo arrivi domain, dopo che ho finito l’esame. Colonna Sonora: Nat King Cole.


Ore 12:01. 20 ore e 59 minuti alla fine. Primo caffè. Rigorosamente gramo e con tanto latte a confondere le idée. Il sospetto che il latte nel frigorifero dell’ufficio sia andato male sfiora per un attimo la mente, ma lo scaccio guardando da un’altra parte mentre vuoto il cartone nella tazza. Colonna Sonora: Louis Armstrong. What a wonderful world!

Ore 12:10. 20 ore e 50 minuti. Momento di mancanza di concentrazione. Intavolo una conversazione sull’asse Canada-Svezia con Niccolò. Tema: uno sconosciuto gruppo musicale canadese. Lo svedese non apprezza. Stizzito torno al mio esame. Colonna Sonora: Mother Mother – Touch up!

Ore 12:53. 20 ore e 7 minuti. Pausa YouTube. Finisco su un fantastico video in cui John Stewart e Stephen Colbert – due comici americani - parlano della scelta di Sarah Palin come candidata alla vice-presidenza per il partito Repubblicano. http://www.youtube.com/watch?v=TGCRncVOkS0
http://www.youtube.com/watch?v=wQK1al91drs

Ore 18:21. Faccio fatica un po’ di fatica a contare quanto manca alla fine. 14 ore e 39 minuti forse, ma non sono pienamente lucido e potrei sbagliarmi. Ho finito di rispondere alla prima domanda. Non proprio finito. Devo accorciarla un po’. E devo scrivere la bibliografia. Un’ora e mezza di lavoro forse, ma tengo quell’ora per questa notte o domani mattina, quando la mia mente non saprà fare altro che taglia-e-incolla. Sono comunque soddisfatto della risposta. Prima di buttarmi sulla seconda ho deciso di dormire 20 minuti. Il tempo di liberare la mente. Mi sono tolto le scarpe e coricato sul divano che abbiano nella conference room del nostro ufficio. Il divano è vecchio e lurido, con in mezzo una macchia immensa di caffè. Chiaramente il responsabile di quella macchia sono io, il giorno in cui mi rovescia una tazza intera sui pantaloni per poi rimanere il resto della mattina in mutande, as aspettare che i jeans si asciugassero. Quando sto per addormentarmi, entra nella stanza Betsy, e mi ricompongo, cercando di fingere uno sguardo semi-lucido e quasi intelligente. Betsy è arrivata da poco a Waterloo ed ha appena iniziato il suo dottorato. Ha 40 anni, forse 45 anni e prima di tornare agli studi era un avvocato a Toronto. Non la conosco ancora e immagino che la mia vista stravaccato sul divano non abbia giovato molto all’impressione che ha di me. Betsy stampa alcune pagine dal suo portatile e ritorna nel suo ufficio. Riprogrammo la sveglia e riprovo ad addormentarmi. Due minuti, e poi si riapre la porta. Entra l’uomo delle pulizie. Questa volta è giorno di pulizie straordinarie, visto che l’uomo – 65 anni, cappello smorto, e pensione che si avvicina.

Ore 20:45. 13 ore e 15 alla consegna. No, mi sono sbagliato. 12 ore e 15 alla consegna. Comincio a sentire la stanchezza e mi chiedo se non mi convenga dormire un po’. Pensiero pericolosissimo. Meglio scacciarlo subito. Cambio continuamente postazione, dalla scrivania al divano, dal divano alla scrivania. Mi trasformo in organizzatore di eventi e mando una mail collettiva ai miei compagni di esame, invitandoli domani mattina a fare colazione alle 8e30. La scelta dell’orario è una iniezione di ottimismo, visto che la consegna è per le 9. Il titolo della mail invece è un po’ più pessimista: “Nel mezzo del cammin di nostra vita. mi ritrovai per una selva oscura. ché la diritta via era smarrita”. All’improvviso mi si blocca Word. No, cazzo! Lo riapro e riapre i file temporanei su cui stavo lavorando, compreso la pagina su cui sto scrivendo questo diario di bordo. Avevo fatto una copia di backup non molto tempo fa. Spero di non aver perso troppe parole. Soundtrack: TV on the Radio, e un po’ di imprecazioni.

Ore 21:01. 12 ore e 59. Per recuperare i dati persi mi ci sono voluti 20 minuti. Eppure ne sono passati solo 15 dall’utlimo. Strano enigma spazio-temporale. E’ chiaro che il tempo si sta dilatando e contranendo in modi non chiari alla luce della fisica Newtoniana. Forse è l’esperimento del CERN di Ginevra.

Ore 1:58. 7 ore e 2 minuti alla fine. Mi sono concesso un sonno di venti minuti tra mezzanotte e quaranta, e l’una di notte. Detto così fa un po’ ridere. Oppure fa un po’ pena. Si, probabilmente fa più pena che ridere. Continuo a scrivere e dovrei finire il tutto entro mattina. Ma queste supposizioni si basano unicamente il fatto che il caffè da due soldi che teniamo in ufficio, e che da ore continua a riempire la mia tazza extra-large, mi salvi da una catalessi improvvisa. Colonna Sonora: silenzio di tomba

Ore 4e25. 4 ore e 35 alla fine. Jason si alza dalla sua sedia, afferra un Pallone da calcio che teneva da qualche parte sotto la sua scrivania, e corre attraverso l’ufficio calciando il pallone. Sento i rumori della palla che sbatte contro i muri dell’edificio, e poi all’esterno, nel campus della facoltà, e verso gli altri edifici. Un uomo sull’orlo di una crisi mentale che prende a calci un pallone in una notte canadesi di fine estate.

Ore 6, più o meno. Non conta quanto manca alla fine. Comunque è poco tempo. L’ultima ora è stata piena di nervosismo. Il programma di videoscrittura si è piantato facendomi perdere una decina di minuti di lavoro. Poi si è piantato ancora. Poi ancora. Le risposte sono quasi pronte ma non riesco a trovare la chiave di volta che dia coerenza al tutto. La mente non funziona bene. Decido di dormire ancora una mezz’ora, dalle 5 e mezza alle 6.

Ore 8 e 15. 45 minuti alla fine. Ma il lusso di consegnare in anticipo non me lo voglio perdere. Il testo davanti a me sia più che sufficiente ma non quanto vorrei, ma la ricerca del perfezionismo la lasciamo da parte. Mando la mail al professore, e mi preparo a raggiungere il caffè in centro Waterloo in cui ho invitato gli altri compagni di esame per fare colazione. Sono passati 4 mesi da quanto ho iniziato a preparare questo esame. Sulla scrivania ci sono quasi 30 libri che domani dovrò riportare in biblioteca. Tempo di uova sbattute, bacon, e patate. Anche l’unto più unto sembra attraente a questo punto.

Ore 9 e 20. 6 ragazzi e 12 uova attorno a un tavolo di una locanda rustica di nome Angie. La foto di Angie compare davanti a me. Signora anziana dal volto tondo e le gote confie. Dalla foto però sembra che sia la foto di una salma appena passata tra le mani di un decoratore di cadaveri. Jason di fronte a me interrompe la colazione per rispondere al telefono. Dopo un po’ mi dice “E’ il professore. Non ha ricevuto la tua mail”. Arresto cardiaco, ma solo un secondo. Apro il portatile e miracolosamente si materializza una connessione wireless. A Waterloo, nel regno del BlackBerry e degli ingegneri informatici cinesi, le connessioni internet sono ovunque. Apro la mail, e trovo che l’indirizzo a cui ho spedito il mio esame mi ha rispedito la mail al mittente. Riprovo. Ancora un fallimento. Il tempo è scaduto ormai. Chiamo il professore. Mi chiede: come hai scritto il mio nome? BoyChuck! No, Boychuk senza la seconda C. Non posso dirgli che in verità pensavo che il suo cognome si scrivesse come Chuck Norris.

Ore 10:20. Salotto di casa mia. Il camino elettrico acceso per fare scena. Una tazza di caffè corretta con una tazza di Bayles, mentre il sole di metà mattina illumina il corridoio e il percorso fino al mio letto. Buona notte e sogni d’oro.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Confesso che ho provato ansia per te nel momento in cui ha chiamato Chuck...
In bocca al lupo per la riuscita della cosa. Non ho dubbi al riguardo.

Solo una domanda: come ci si sente ad essere terribilmente "sulla notizia" ?

6:09 PM  
Anonymous Anonimo said...

si stefano, però la prossima volta ti conviene veramente sbarcare a guantanamo, almeno li ti privano del sonno senza obbligarti a fare esami universitari!

9:48 AM  

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