Waterloo - Settimana N.1
E' domenica mattina, 9 settembre 2007. Questo vuol dire che sta per finire la mia prima settimana canadese. E siccome è domenica mattina e piove, sono abbastanza nostalgico. Le domeniche mattina mi fregano sempre!
A parte la nostalgia che mi prende in questo momento, volevo scrivere due righe per descrivere questa settimana particolarmente intensa.
Finalmente ho una casa. E per di più un'ottima casa. Molto grande, spaziosa, due salotti con 6 divani e due televisori attorno ai quali una tipica famiglia canadese può trovarsi, sedersi, e ingrassare davanti alla televisione mentre guarda partite di hockey. La mia camera è molto grande, ma ha il problema di essere nel seminterrato e quindi abbastanza buia. In verità la mia camera non esiste. Al momento esiste solo un immenso salone, in cui da due giorno 3 diligenti carpentieri sikh, con il loro turbante e parlata incomprensibile, stanno lavorando per costruire due mura e un armadio con solo assi di legno.... tipicamente canadese. Comunque sono intenzionato a spendere fino all'ultimo centesimo della mia borsa di studio per rendere la camera un posto che mi salvi dalla depressione durante l'inverno. Ho cominciato comprando cornici, decine di cornici, in cui appendere foto di Fidenza, Bologna, Manchester, Londra che ho sempre voluto appendere, ma senza mai avere una camera in cui sarei stato tempo a sufficienza per farlo. Ora ce 'ho. Certo, razionalmente avrei dovuto iniziare comprando una coperta per l'inverno o un cuscino, ma quando sono passato per il reparto cornici del centro commerciale (vera anima spirituale e culturale del paese), quella mi sembrava la priorità assoluta. La prossima saranno lampade e fiori finti.
I miei coinquilini sono 4. Quello a cui più mi sento vicino, nonchè il padrone di casa è Aviviere (abbreviato Aviv). Un ragazzo canadese di 24 anni, ma di origini indiane. Penso che potrebbe nascere una bella amicizia tra noi. Poi c'è James, studente canadese di scienze informatiche. Una di quelle persone che spendono 20 ore davanti al computer (come me, quindi) ma 10 di queste ore sono videogiochi (a differenza di me). A portato in casa il Nintendo Wii e questo potrebbe aiutare durante l'inverno. Poi c'è Sal (non si scrive così ma non ho ancora capito). Iraqeno. Studente di biologia marina. Cattolico. Mi ha mostrato emozionato le foto di suo fratello che fa il chierico vicino a Ratzinger. Mi racconta emozionato che suo fratello vive in Vaticano, dove studia filosofia e si prepara a diventare prete, e mi chiede di tradurgli l'indirizzo che compare su una busta: "Pontificio COllegio Urbano VIII, Vaticano".
Questa settimana ho anche avuto il primo approccio con tutte le persone con cui affronterò l'esperienza del dottorato. I ragazzi che iniziano il dottorato quest'anno sono 9. Ragazzi simpatici, molto alla mano, quasi tutti canadesi, con la freschezza e spontaneità che invidio ai canadesi. Fra due giorni inizio le lezioni, e avrò modo di approfondire (P.S. per DAV, sono la maggior parte maschi, mentre le due femmine sono rispettivamente sposate e sull'orlo di convolare all'altare). Ma soprattutto ho conosciuto Helleiner, il mio futuro supervisor, nonchè la persona che mi ha spinto a venire qui. Ottima impressione, persona giovane, entusiasta, che ride sembre, e con cui ho chiacchierato del più e del meno per due giorni. La settimana prossima inizierò a conoscerlo dal punto di vista accademico, e capirò veramente se lui è persona di cui ho bisogno per crescere.
Ho parlato solo di università e di casa, mentre ho tralasciato la città, per il semplice motivo che la città non offre veramente nulla. Se posso fare un paragone italiano, pensate e Forlì. Se ci siete nati e cresciuti, la amerete e decanterete il suo fascino più profondo, la gioia della vita di provincia, la bellezza dei suoi portici. Se ci arrivate, vorrete solo fuggirne. Io non voglio fuggire da Waterloo, perchè spero che lo stimolo che l'università potrà darmi, e le amicizie che farò compenseranno la noia assoluta della città. In verità la città non sarà altro che un centro commerciale in cui comprare le cose necessarie per sopravvivere, e le cose accessorie per godersi i momenti in casa. Quello che più mi turba sono le distanze e le temperature. Tutto è molto dilatato. L'università è a 20 minuti di cammino da casa mia. Non tanto considerato che a Londra camminano mezz'ora. Ma qui sarebbero 20 minuti nel mezzo di quartieri residenziali e villette monofamiliari. Ho comprato una bici per accorciare questa pena (see picture). Ma quando verrà il la neve e il freddo (-25, -30) dovrò ricorrere alla macchina (gli autobus ci sono ma non sono molto frequenti). Sembra che i miei coinquilini siano disposti a scorrazzarmi in giro con le loro macchine mentre vanno in università. Comprare una macchina sarà probabilmente indispensabile per vivere e apprezzare la "provincia americana". Nonostante sia in Canada, la vita che vedo attorno è molto simile alla provincia americana raccontata da Hollywood, quella del Grande Lebowsky o dai Simpsons, dove le persone fanno a gara ad avere la macchina più larga, dove escono dagli Starbucks e posano il loro bicchierone di caffè nell'apposito vano porta-bicchiere vicino al cambio (rigorosamente automatico), dove la vita sociale avviene nei centri commerciali e non esistono teatri, musei (qui c'è solo un Multisala all'interno di un centro commerciale), dove le famiglie espongono i mobili usati di cui vogliono disfarsi nel giardino davanti casa con un cartello di cartone sui cui scrivono a penna $10, dove la gente non chiude a chiave ne' le macchine, ne' la loro casa, ma dove se rimani troppo tempo sulla tua macchina parcheggiata davanti a casa tua, la vecchietta che abita di fronte chiamerà la polizia perchè insospettita (questo è successo l'altra sera), dove se devi comprare delle porte lunghe 2 metri e mezzo ti rechi al supermercato con una normale macchina sportiva, le infili nel bagagliaio e lasci che quasi due metri sporgano oltre alla macchina, tanto la polizia non farà problemi (è successo ieri, mentre con Aviv cercavamo le porte per le nostre nuove camere). La provincia americana è un posto banale e superficiale, ma è un posto libero. Non anarchico, ma libero. So che la odierò e mi rifugerò nella nicchia intellettuale e simil-europea costituita dall'università, ma appena sali su una macchina e imbocchi una qualsiasi delle strade, tutte rigorosamente con almeno tre corsie, senti che quella strada la potresti percorrere per sempre.
2 Comments:
come sei riflessivo la domenica mattina...si vede che non sei andato al blabla sabato sera!
che bello ritornare a controllare "cotidie" il tuo blog!
Ho espresso i miei commenti nella mail che ti ho tosto inviato.
Un abbraccio
M.
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