mercoledì, giugno 17, 2009

Due anni in due valigie

Ore 9:30. 17 Giugno. L’autobus Greyhound sta lasciando la stazione di Kitchener in una mattina afosa in cui il sole fatica a fare capolino. Nelle cuffie una canzone degli U2 che mi sono ritrovato in testa al risveglio e che parla di “tutto cio’ che non puoi lasciarti alle spalle” (All That You Can’t Leave Behind). Non mi sono lasciato molto alle spalle quando poco fa ho chiuso a chiave la casa. E con un misto di orgoglio e di vergogna, sono riuscito a fare entrare due anni di vita in Canada in due valigie. Una valigia e un trolley, per la precisione. Solo poche cose sono rimaste non sono entrate in valigia. Un letto e una cassettiera Ikea. Avevo avuto problemi a montarli. Smontarli mi sembrava una sfida al di sopra delle mie possibilita’. Allora li ho lasciati al loro posto, ad aspettarmi. Quasi un centinaio di libri comprati in meno di due anni. Mentre sfogavo la mia pulsione da bibliofilo represso su Amazon.com non mi sono mai chiesto come li avrei coniugati con la mia vita da studente semi-nomade. Mi sono lasciato dietro una bicicletta, stile anni ’30. Venderla era impossibile, visto lo strato di ruggine anni 2008-2009 che avvolgeva manubrio e telaio. Mi sono quindi affidato al vecchio metodo all’italiana. Ho evitato di chiudere il lucchetto dovunque andassi, sperando nella grazia di un ladro che mi sollevasse il dilemma di far entrare una bicicletta in una valigia e un trolley. Ma a differenza dell’Italia, c’e’ voluto non una notte, ma due mesi. Per fortuna gli studenti squattrinati o ubriachi in cerca di biciclette esistono anche in Canada.
Quello che non ho potuto lasciarmi alle spalle invece sono delle persone. Poche in verita’. Non sono stato particolarmente bravo in questi due anni a coltivare molte amicizie che penso resisteranno la sfida del tempo. Ma alcune sono convinto che lo faranno. Penso che due anni in Canada mi abbiano cambiato. In parte mi hanno fatto regredire come “animale sociale”, visto che per la maggior parte di questo tempo sono stato un estensione del mio portatile, e il lavoro (o studio) hanno occupato tutte il mio tempo, forze, e ambizioni. Ma penso di aver imparato tantissimo da quegli amici Canadesi che hanno condiviso questo con me. Se qualcuno mi dicesse che sono diventato un po’ Canadese, giuro che ne sarei orgoglioso.
Nonostante cio’ questa e’ la partenza piu’ facile che abbia mai affrontato. Penso di aver scritto su questo blog di altre partenze. Quelle da Manchester. La prima, tragicomica-sentimentale. La seconda. Un pomeriggio in cui il sole di Gennaio spazzava il cielo inglese, e io tornavo in Italia con la consapevolezza che il mio posto negli anni successivi sarebbe stato all’estero per continuare quegli studi di cui avevo avuto il primo assaggio durante l’Erasmus. La partenza da Bruxelles, con la prospettiva di Londra davanti a me; e quella da Londra, esausto da quello che era stata l’esperienza di studio piu’ dura ma piu’ bella fino ad’ora. Invece questa volta, sono le emozioni sono poche. Nonostante in questo paese che amo ho passato due anni della mia vita. In parte perche’ sono diventato bravo a “partire”, bravo a pensare a quello che mi aspetta all’arrivo e a non pensare a quello che mi lascio alle spalle. In parte perche’ in verita’ questo non e’ un addio, ma un piu’ facile “a presto”. Ho deciso che non vivro’ piu’ a Waterloo, e che la vita della piccola cittadina universitaria nel mezzo della regione dei Grandi Laghi mi avrebbe ucciso. Ma non ho tagliato i ponti. Per i prossimi due anni rimarro’ uno studente di questa universita’, i miei punti di riferimento saranno professori, colleghi, e amici che sono rimasti a Waterloo, e soprattutto continuero’ a pagare le tasse al governo canadese. E l’idea di tornare in Canada fra un paio di anni per finire il mio dottorato mi rende felice.
Ma ci sono altri due motivi per cui questa partenza e’ facile ed emozionante. Il primo motivo e’ perche’ sto tornando in Italia. E se fino a poco fa, questo non avrebbe necessariamente reso la partenza piu’ facile, questa volta ho veramente bisogno di rimanere in quel paese instabile per un po’. Il bisogno di essere distratto, frustrato, di partecipare ad eventi di famiglia, di rompere quella meravigliosa apatia nei confronti del sistema politico italiano che avevo faticosamente costruito negli ultimi due anni, di percorrere chilometri per rivedere amici, di lasciare il lavoro che sto finendo ininterrotto per sedermi a tavola con altre persone. Ho bisogno di questo per fare un passo indietro rispetto a quella “macchina da guerra universitaria” che stavo diventando a Waterloo.
Il secondo motivo per cui e’ facile lasciare Waterloo, e’ perche’ ho una nuova partenza che mi aspetta verso la fine dell’estate. Destinazione: New York a settembre. Non ho scritto su questo blog per troppo a lungo e penso che quasi nessuna delle persone per cui questo blog e’ scritto visiti ancora queste pagine. Ma questa e’ una di quegli annunci e di quei momenti che voglio poter rileggere in futuro.

11 Comments:

Anonymous Anonimo said...

io lo leggo
m.

7:36 AM  
Blogger Sebastiano Sali said...

io pure.
s.

11:09 AM  
Anonymous Anonimo said...

e io no
g.

7:55 PM  
Anonymous Anonimo said...

ah ecco dov'eri!

non ti trovavo più...

1:21 PM  
Anonymous Anonimo said...

anche io.

n.

3:55 PM  
Anonymous Anonimo said...

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6:00 AM  
Anonymous Anonimo said...

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12:35 PM  
Anonymous Anonimo said...

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5:45 AM  
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8:48 PM  
Anonymous Anonimo said...

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Anonymous Anonimo said...

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