Aseel e l'Iraq
Ieri sera a cena ho avuto il primo dialogo un po' approfondito con Aseel, il mio coinquilino iracheno. Gli ho chiesto quando aveva lasciato il paese, dove viveva, etc... per forzarlo a parlare dell'Iraq. Lui ha esordito dicendo 'ho vissuto solo due anni della mia vita in pace, negli altri è stata guerra'. E' nato a Bagdhad nel 1979. Nell'1980 Saddam ha attaccato l'Iran, in uno scontro che aveva molto a che fare con la guerra fredda che sovrastava tutto e tutti. La guerra è proseguita fino al 1988. Solo lì, lui ha vissuto il suo secondo anno di pace. Poi la guerra del Golfo di Bush padre, il regime di sanzioni degli anni 90, la guerra del Golfo di Bush figlio, la guerra civile di tutti contro tutti. Ha lasciato il paese nel 2005, quando ha ottenuto una borsa di studio per venire a studiare in Canada 'biologia delle paludi' o qualcosa di simile. Ha fatto una lunga analisi su cosa sta succedendo, quali sono le prospettive future, e così via. Ma quello che mi ha colpito sono altre cose. La tenerezza con cui parlava dell'univerità di Baghdad, a suo avviso una perla nel Medio Oriente. La sua vita da cristiano in un Iraq diviso tra Sunniti e Sciiti, e come nella sua casa tutte quelle confessioni si ritrovavano. Mi ha detto che si è trovato faccia a faccia con la morte 5 volte, ma quella è una storia lunga, e ha promesso di raccontarla in futuro. Ma ha chiuso con una di quelle frasi che sembrano uscite fuori dalla bocca di uno sceneggiatore: "Amo Baghdad. E' la città in cui sono nato e cresciuto. Nonostante abbia tentato di uccidermi. Quando una città tenta di ucciderti, allora la amerai per sempre".
1 Comments:
Pamuk ne aveva scritta una simile su Istanbul.
Visto che non sono io quello acculturato del blog mi riservo di lasciare che altri appongano ivi la suddetta citazione.
Detto questo, nascere iracheni è abbastanza una sfiga, sfiga logicamente non comparabile a quella della tua amica sirio-venezuelana. Quella ha il passaporto peggiore del mondo.
Dai una pacca sulle spalle all'amico caldeo da parte mia
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