

Finalmente Toronto. Sono le 10e13 di domenica mattina e sono su un “Greyhound Bus” che da Toronto mi sta riportando a Waterloo. Finalmente vedo un po’ di Canada che mi passa davanti dall’altro lato dell’autostrada a 8 corsie che sto percorrendo. Come sembra? Come la periferia di Brescia. Capannoni allineati, svincoli autostradali, macchine, un’insegna della Parmalat su un palazzo, parcheggi e centri commerciali, macchine, macchine. Ok, questa non è la descrizione più immediata del Canada e immagino possa essere appiccicata solo allo 0.001% del territorio canadese. Ma è lo 0.001% che appare dal finestrino. Sogno di poter decrivere il restante 99% quest’estate, quando raggiungerò Vancouver e la costa pacifica in qualche modo (treno? Autobus? Macchina?). E’ solo un progetto, ma comincio a raccogliere adesioni, quindi se qualcuno è interessato, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico.
Ok, finita la digressione, torno a parlare di Toronto. Due giorni e due notti nella grande città, a incontrare Sami, un mio amico libanese-palestinese-canadese, che è tornato a casa dopo l’anno passato a Londra. Il viaggio valeva comunque la pena di essere fatto.
Prima volta in una città americana, di quelle che chiedono di essere fotografate da una certa distanza in modo da ritrarre l’intero skyline, il profilo composto da vari grattacieli e dalla CN Tower. La CN Tower è l’icona di Toronto e in parte del’intero Canada, l’ex-edificio più alto al mondo, prima che un paio di mesi fa venisse sorpassata da un grattacielo in costruzione a Dubai. Città americana perché le strade sono tutte perfettamente squadrate, con uno Starbucks pronto ad attenderti ad ogni angolo. Città americana pechè l’automobile domina. Ma allo stesso tempo una bellissima città, che si lascia attraversare a piedi, specialmente come in questi giorni in cui il sole era forte e le temperature (pronte a cadere permanentemente sotto zero da un momento all’altro) erano ancora sui 10 gradi. Allo stesso tempo è una città di mare, anche se il mare in verità non c’è, ed è in verità uno dei grandi laghi.
Arrivo venerdì verso sera e ci infiliamo nell’Air Canada Centre, il palazzetto in cui giocano i Maple Leafs (hockey) e i Raptors (basketball). A vedere Bargnani? No, a vedere un comico americano di cui nessuno di noi due aveva mai sentito il nome, ma per cui l’intero palazzetto gremito stravedeva. Divertente. La serata prosegue poi in discoteca con gli amici di Sami, e infine a parlare fine alle 6 del mattino. Bis la sera dopo. Penso che un po’ di testosteroidi di Fidenza, che ancora vivono nella speranza di tornare un giorno in quel locale di Manchester chiamato Footage, avrebbero apprezzato la lunghezza della gonne, e la quantità di carne esposta dalle canadesi. Che, a differenza di Waterloo (dove la tuta, e il fianco abbondate imperano), a Toronto sono molto sexy.
Momento di panico quando ci troviamo davanti all’ascensore di un albergo, circondati da un gruppo composto da una decina di donne tra i 55 a 65 anni, alcune delle quali sembrano essere italiano L’ascensore arriva, le donne entrano, e i miei amici mi buttano nel’ascensore, “beato tra le donne di mezza-età”, annunciando loro che ero Italiano. Non l’avessero mai fatto. Il loro livello di euforia sale alle stelle, neanche fossero 14enni tra il pubblico di “Amici di Maria di Filippi”. A turno si presentano e mi stringo la mano, annunciando di avere origini italiane, chi il padre, chi uno zio. Una mi dice “sono sposata, ma…”. Io stringo le mani con dignità papale, sperando che questo ascensore arrivi a destinazione. La sera dopo a tarda notte ripassiamo di fronte allo stesso albergo, che era appena stato evacuato per una allarme anti-incendo. Tra la folla che aspettava all’esterno, ecco le stesse donne che iniziano a chiamarmi per nome. Mi dileguo tra la folla, mimetizzandomi tra i vigili del fuoco.
Ho mangiato il primo “burrito” della mia vita, assaggiato un piatto di squalo per la prima volta in vita mia, tornato ad apprezzare il sushi, e superato definitivamente la mia riluttanza psicologica a defecare nelle toilette dei luoghi pubblici, specialmente quando lo squalo e il sushi scatenano una reazione incontrollata.
Ora torno a Waterloo e mi rimetto sui libri, in quello che si annuncia come un mese di pura follia, visto il lavoro che mi attende. Prima di riprendere a lavorare mi aspetta però un pomeriggio davanti alla televisione per vedere i Toronto Raptors contro i Boston Celtics, e a seguire Desperate Housewives.
Soundtrack: Paolo Conte - "Bartali"
Oh, quanta strada nei miei sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da italiano in gita
e i francesi ci rispettano
che le balle ancora gli girano
e tu mi fai - dobbiamo andare al cine -
- e vai al cine, vacci tu.