Malpensa - Manchester: Episodio II
Il tempo all'arrivo era uguale a quello della partenza: pioggia in entrambi gli aeroporti, quasi fosse un servizio dell'Alitalia per non destabilizzare i suoi clienti piu' affezionati.
Questa partenza e' stata diversa dalla prima: non mi portavo piu' cucito addosso l'entusiasmo della prima volta e l'attesa della novita'. E soprattutto mi lasciavo alle spalle una giornata bellissima (presto alleghero' le foto del matrimonio di mia sorella) e tanti ricordi. E per questo e' stata una partenza con un sapore diverso, molto piu' amaro. Perche' ogni partenza ha il suo sapore, e te lo lascia addosso.
Gli aeroporti sono dei perfetti "non luoghi": posti immersi in un orizzonte privo di riferimenti, tutti uguali, dove la differenza tra Bologna e Bangkok e' solo questione di consonanti. E per questo mi affascinano. In questi non luoghi, non conta dove sei e non conta chi sei. conta solo dove vai. puoi vedere le famiglie indiane che caricano pacchi immensi, rinforzati con lo spago, e ti chiedi se stanno tornando a casa per un matrimonio, o un funerale. puoi incrociare ragazze bellissime, che si trascinano da chissa' quale citta' valigie grandi quanto loro, e ti dici che sicuramente stanno raggiungendo un fidanzato che le aspetta in qualche angolo di mondo. Il sapore della loro partenza lo puoi solo immaginare, perche' l'assurdita' di un aeroporto e' che davanti a tuoi occhi transitano migliaia di faccie e di vite che non lasciano alcuna traccia. Alcune magari stanno partendo per dare una svolta alle loro vite, molte partono annoiate, ripetendo una routine lavorativa, ma allos stesso modo sono solo anime di passaggio, che non lasciano traccia. Il sapore lo puoi solo immaginare perche' in aeroporto non c'e' tempo per la comunicazione. Neanche mentre si sta ore in coda, controllando i monitor in attesa di vedere la scritta lampeggiante "now landing". Ma e' difficile essere indifferenti e non provare nemmeno ad immaginare il sapore della partenza delle persone che ti trovi di fronte al check-in, mentre piegano enrvosamente la carta d'imbarco.
Partire significa rinunciare all'idea di noi che ci costruiamo faticosamente nel tempo. Rimettersi in gioco, rimettersi in viaggio. Significa accettare il rischio di tornare diversi. Accettare il rischio di non tornare, o tornando trovare persone cambiate, rispetto a quelle che ci hanno salutato. Passiamo la vita a costruirci attorno delle routine, a circondare l'imprevedibilita' della realta' con riti quotidiani che mascherino l'insicurezza. La quotidianita' e' indispensabile tanto quanto il pane. Partire significa arrogarsi il diritto a cancellare la propria routine, per non diventarne spettatore, e provare a riscriverne una nuova. E' nell'intervallo in cui ci si spoglia della vecchia routine, e se ne cuce addosso una nuova, che e' possibile accorgersi di quanto stiamo cambiando. La mia ammirazione e' naturalmente infinita per quelle persone capaci di "partire" e reinventarsi, anche senza prendere un aereo.
6 Comments:
Non puoi mandare queste considerazioni così malinconiche in momenti di depressione come questi... Comunque complimenti per la citazione di Augè.
Quale citazione? e chi e' "Auge'"?
Ma chi sei?????
Nu poeta?
Nu scrittore?
Nu professore?(Pace all'anima di Scogio)
Basta con questa malinconia..vedi un po' di concludere con la girl,piuttosto
(e vedi di postare una foto decente!)
Errata corrige:
chiaramente il professore era il compianto F.Scoglio.
Augè è un antropologo, ed ha teorizzato appunto i non-luoghi (credo abbia proprio pubblicato un libro intitolato così). L'areoporto è proprio l'esempio più lampante che egli stesso riporta di non luogo. Insomma, hai riproposto per filo e per segno la sua teoria. Evidentemente non sapevi che c'aveva già pensato qualcuno prima di te. O stai bleffando?
Auge' non lo conoscevo. Io ho sentito parlare di "non luoghi" da un sociologo americano chiamato George Ritzer, che ha scritto un paio di libri ("La religione dei consumi", "Il mondo alla McDonald"). E' venuto l'anno scorso a Bologna per una conferenza a Scienze Politiche sul consumismo e parlava di McDonald come simbolo di un non-luogo. Probabilmente e' lui che ha copiato Auge'.
Comunque meglio cambiare discorso presto prima che la curva sud del blog si scagli contro questo eccesso di intellettualismo
Posta un commento
<< Home