Se quel 13 Settembre... a Montreal
13 Settembre 1984. Quel giorno nacqui io. 13 Settembre 1759. Quel giorno la mia vita è cominciata ad andare nel verso storto. Quando le truppe francesi agli ordini del Barone di Montcalm avanzarono, le fila inglesi attesero fino a che avessero raggiunto la distanza di 18 metri. Dioi di che il Generale James Wolfe diede l'ordine del fuoco. Il trucco è che i moschetti inglesi erano stati caricati con due proiettili. Dopo la prima carica, un secondo colpo. Uno storico l'ha definita: "la più perfetta carica mai sparata in un campo di battaglia". Per gli amanti della statistica, è stata la carica più letale in termine del numero di vittime inflitte. Quel giorno la via vita è cominciata ad andare veramente nel verso storto.
Tutto quello che succede dopo non è che la logica consequenza. Gli Inglesi vincono. Nella Trattato di Parigi che sigla la pace alla fine della Guerra dei Sette Anni, i Francesi preferiscono tenersi Guadalupe, ricca di zucchero, e rinunciare all'intero Canada. Per il clima li capisco, ma avrebbero potuto pensare un po' anche a me? Si, perchè poi tutto è una spirale verso la desolazione. I francesi finiscono la colonizzazione del continente, gli inglesi lasciano la loro impronta su tutto il paese a Ovest del Quebec. Spariscono i caffè, la cultura, il cibo. Arriva Wal Mart, il caffè Tim Horton, la televisione americana e gli spettacoli del Dottor Phil. Il Canada diventa culturalmente la 51esima provincia Americana.
Da cosa deriva questa mia nostalgia francofona? Dalla scoperta del Quebec, provincia francofona ad Est dell'Ontario. Mi sono recato a Montreal per un fine settimana. La scusa: le "Festival International de Jazz de Montreal", uno dei festival jazz più importanti al mondo. Bellissimo festival. Una zona ampia del centro della città adibito a teatro all'aperto, con una decina di palchi sparsi per ogni spiazzo e piazza disponibile. Musica che si alterna senza sosta dal primo pomeriggio fino a tarda notte per due settimane. Tantissima gente per strada, girovaghi tra un palco e l'altro. Molto estivo, e molto europeo. Diciamo una sorte di Festà dell'Unità raffinata, con gli hotdog al posto della torta fritta e la birra al posto della Malvasia. E il Jazz al posto dell'Orchestra di Liscio Pinino Libè.
Il motivo che mi ha portato a Montreal però non era solo il festiva, ma la città stessa. Me la immaginavo come la mecca. La città "europea" in Nordamerica. E non sono stato deluso. Montreal è una bella città, attraversata dal fiume S.Lorenzo con una sorta di centro storico (storico per modo di dire visto che le cose più antiche datano due secoli), con tanti musei. Allo stesso tempo è una metropoli, con tre milioni e mezzo di abitanti, un bel quartiere commerciale popolato di vetri e grattacieli. Grattacieli si, ma a una altezza "umana" (30 piani), ben diversi da quelli che dominano Toronto o molte città americane. A differenza di Toronto, fatta di tante "isole", quartieri separati da una corsa in taxi, Montreal è una città che si gira totalmente a piedi. A piedi sfilavano migliaia di afrocaraibici sabato pomeriggio, in una parata che ha bloccato la maggiore via del centro per una intera giornata. E a piedi si può arrivare sulla cima del Mont Real, montagnola e parco che domina il centro e su cui mi sono ritirato a leggere in una bellissima domenica di sole. A piedi ci si muove anche d'inverno, nonostate al città sia freddissima (si arriva spesso sotto i -30), grazie a un infinito sistema di tunnel che si dipana per chilometri sottoterra, in una vera città sotto la città.
Soprattutto Montreal è il sogno di cosa questo paese avrebbe potuto essere se i francesi avessero vinto il 12 settembre 1759, e se quella carica perfetta fosse stata un po' meno perfetta. In quel caso, il Canada sarebbe potuto essere un paese veramente bilingue (a differenza di Quebec City, l'inglese non suscita reazioni annoiate nella popolazione francofona). Avrebbe potuto essere un paese con un po' di stile, caffè agli angoli delle strade. Un paese che rifiuta il principio "più grande è, meglio è" come massima espressione estetica. Con i balconi e le scale in ferro battuto. E con le panchine e piazze invece delle "plaza". La differenza non è solo linguistica. Una piazza è fatta per le persone. Una "plaza" a Waterloo è un grande spiazzo circondato da ristoranti e negozi (come da noi), ma con unicamente un parcheggio in mezzo, ad assicurarsi che non ci siano più di 100 passi dall'auto all'hamburger. Se i francesi avessero finto, ci sarebbero meno ragazze con il sorriso da principessa del ballo, capelli biondi lunghi e lisci, tuta e felpa, un po' di chili di troppo, dipendenti dalla chiesa o dalla bottiglia di vodka o entrambi. Se i francesi avessero vinto, il Canada sarebbe un paese completamente diverso, ne un'appendice europea, ne' la 51esima provincia americana.
2 Comments:
Ah pinino libè....
è iniziata la festa del P.Dio a fidenza!
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