venerdì, settembre 22, 2006

Londra: Episode II


Sono contento. Sono contento perche' il te' qui ha un altro sapore (Earl Grey naturalmente), anche se in verita’ l'ho portato con me in valigia dall'Italia. Anche la birra inglese mi mancava. Sono contento perche' oggi finalmente piove e tutto e' tornato al suo posto nel mio ordine mentale, dopo due giornate di sole a quasi 30 gradi che mi avevano confuso. Sono contento perche' sono tremendamente a mio agio, in un pezzo di citta' e di mondo che mi e' estraneo ma dove tutto sembra estremamente facile.
Sono arrivato a Londra mercoledi' sera. L'autobus dall'aeroporto mi ha lasciato a Livepool St, nella city. La prima cosa che si nota da li' e' il 30 St. Mary Axe, un grattacielo bellissimo disegnato da Norman Foster, piu' famoso con il nome di "cetriolo" o "vibratore". Attorno la marea di persone che usciva dagli uffici della City e si infilava nei pub o tornava a casa. Poi la corsa in taxi fino allo studentato, ad Islington, quartiere abbastanza centrale di Londra, appena a nord della City e di High Holborn.
Tempo di disfare in qualche modo le valigie, e sono sceso in strada. Cammina verso sud e prima o poi il Tamigi lo trovi (in caso di smarrimento ci sarebbe stata sempre la mia amata e mai-tradita Lonely Planet). E in meno di mezz'ora di cammino ti trovi sul fiume. Di fronte la Tate Modern. Un po' piu' spostati il London Eye e Westminister. Due minuti piu'indietro la sede della LSE, e li vicino Convent Garden.
Tutto e' stranamente facile, e mi sento a mio agio. Pensavo a un anno fa. Al mio arrivo a Manchester. Al momento in cui ho aperto il blog. L'impatto con Manchester era stato difficilissimo. La citta' era chiusa, enigmatica, con un'identita' fortissima e a me estranea. Mi ci sono voluti vari mesi per ambientarmi e infine per amarla. E se e' varo che ancora adesso rimpiango quella citta', Londra potrebbe farmi molto piu' male.
La citta' mi e' sembrata estremamente facile e accogliente perche' non ha un'identita' chiusa. E' un "non-luogo", diceva un mio amico di Genova, che per questo si era categoricamente rifiutato di trasferirsi a Londra. Ho forse e’ semplicemente un luogo aperto. Senza barriere culturali, ma sembra accogliere tutti sotto un velo di Britishness (e questa e' la forza della Gran Bretagna).
Per strada c'e' un atmosfera molto bella. Forse e’ merito di questo scampolo di estate ritardata, che porta le persone a riversarsi per strada. Forse e’ Londra e basta. La zona in cui si trova l’universita’ e’ a meta’ strada tra la Londra ufficiale e quella finanziaria. La giacca e cravatta impera (per fortuna non in facolta’ dove invece gli studenti sono vestiti in modo abbastanza commune). Le donne sembrano tutte essere uscite da una copertina di Vogue, senza pero’ avere il fisico delle modelle di Vogue. Delle ragazze sovrappeso di Manchester che salivano sull’autobus con le loro tute viola, estratte direttamente dagli anni 80, non c’e’ traccia (e un po' e' un peccato). Gli studenti sono pochi (per fortuna), o quanto meno si confondo nel quartiere e nella citta’, in modo da non darmi l’impressione di vivere in un ghetto studentesco, come era Manchester e come in fondo e’ Bologna. L’universita’ sembra invece solo appoggiarsi sulla citta’, senza essere troppo invadente. Si divide in alcuni edifici 200 metri a nord del Tamigi, all’altezza di Waterloo Bridge. In dieci minuti di cammino ti mette a disposizione tutta la citta’, da St. Paul a Trafalgar Square. Ma di questa parlero’ piu’ avanti, quando l’avro’ esplorata meglio.
I miei pregiudizi sulla citta’ e la City, visti come luoghi in preda a banchieri e impiegati frustrate e deprimenti, sono stati spazzati via in un minuto. C’e’ invece molta vitalita’. I bar approfittano dei 25 gradi e del sole per riempire i tavolini all’aperto. Ad ogni angolo un ristorante italiano o Greco e tanti take-away. Il dubbio che viene e’ che in fondo la differenza con Manchester stia principalmente nell’entita’ dei conti in banca della gente, e una rapida occhiata ai prezzi non fa che confermare. Ma l’aria ha lo stesso un altra ampiezza, e per fortuna il respiro non e’ stato ancora privatizzato.

P.S. Comunque non pensatemi come un turista a zonzo per la citta', scattando foto e bevendo birra. Oggi sono chiuso nella bellissima biblioteca della LSE (nella foto vi e' la scalinata a spirale disegnata da Norman Foster). Comunque adesso vado a farmi una birra.