Universita' a confronto
Dopo aver assaggiato e affrontato due mesi di università inglese penso di poter azzardare alcune considerazioni e qualche confronto con l’università italiana. L’università inglese e quella italiana sono due poli opposti, con metodi diversi, prerequisiti e risultati diversi, e soprattutto diversi pregi e difetti.
La prima cosa che colpisce nell’entrare nella didattica inglese è l’organizzazione delle lezioni. Due ore a settimana per corso (sento già le grida di indignazione dei bolognesi frustrati dalle loro lezioni fino alle 7 di sera). Un’ora in cui il docente fa un’introduzione al tema assegnato nella settimana e un’ora di tutorial dove in 10 studenti si trovano a discutere di quell’argomento accompagnati da un tutor, normalmente un ragazzo che sta facendo un dottorato o il professore stesso, a cercare di stimolare la discussione.
La seconda cosa che colpisce è che non esiste il famoso “manuale”. Molto spesso non c’è da comprare alcun libro (o non c’è da fotocopiare alcun libro, per i puristi della fotocopiatrice). Ogni settimana viene data una lista con sopra indicati dai 3 ai 30 testi, capitoli tratti da libri vari e articoli tratti da riviste accademiche (Carneade, chi è costui? L’università italiana sembra fare a meno di riviste accademiche) e ogni studente sceglie quanti e quali articoli leggersi (per decenza viene fissato un limite minimo di 2 ma nessuno controlla).
La terza cosa che colpisce è che negli esami, rigorosamente scritti, lo studente deve rispondere a due domande ampie scegliendo da una lista di 8. Ora, essendo le lezioni 9, di fatto gli argomenti delle domande sono già conosciuti e allo studente non è chiesto di prepararsi in dettaglio tutti gli argomenti del corso, ma di approfondirne tre di suo gradimento, avendo la quasi certezza che all’esame troverà una domanda su quelli.
La quarta cosa che colpisce è che è quasi impossibile essere bocciati, a meno che non si ricada nell’accusa di plagiarismo, cioè scrivere dei concetti senza riconoscere nelle note chi è il vero autore (e implicitamente spacciarle per proprie). Di conseguenza gli studenti si laureano in 3 anni e, come dice mia sorella, ubriacandosi mediamente 3 volte a settimana (ma qualcuno sostiene anche di piu’).
La quinta cosa che colpisce è che gli studenti inglesi sono mediamente delle capre. Il giudizio è sicuramente qualunquista ma sicuramente la loro preparazione iper-settoriale gli preclude di avere quella cosa chiamata cultura generale in cui l’istruzione italiana è maestra. Gli e’ quindi preclusa la possibilita’ di spadroneggiare nelle discussioni eleganti da salotto citando Wittgestein o Erasmo da Rotterdam (nel caso tu sia il presidente del Consiglio, e non legga un libro da 40 anni).
Quando però ho scritto in apertura che è all’opposto di quella italiana, non volevo certo dire che la nostra ha tutti i pregi mentre quella inglese ha tutti i difetti. Anzi.
Il numero ridotto di ore di lezione, l’assenza di manualoni e di esami nozionistici, e così via rispondono a una logica diversa. L’università italiana chiede allo studente di passare una mole di tempo infinita sui testi, di memorizzarseli fino a che non è in grado di rispondere a una sorta di quiz televisivo chiamato esame, o di andare di fronte a un docente e mostrargli di saper maneggiare l’argomento (e sappiamo come nell’orale spesso quello che conta è dare l’impressione di sapere, più che sapere). Il percorso è definito in partenza, il numero di capitoli pure. Non una pagina di più non una di meno. E tutto quello che esiste al di fuori del manuale e delle convinzioni del professore, leggetevele pure, ma non vi saranno valutate. Anzi, è meglio non contraddire nessuno e tenersi le proprie idee. Anzi le idee non sono richieste.
Il metodo inglese invece non chiede di avere una conoscenza completa dell’argomento. E’ sufficiente scegliere qualche fonte, leggere un paio di articoli per settimana e farsi un’dea. Essere in grado di discutere quell’argomento in fronte a una classe e al professore. Anche negli esami non vengono fatte domande nozionistiche o particolarmente dettagliate. “Elenca almeno due presidenti americani che erano senatori prima dell’elezione!” (Esame di Pasquino – Scienza Politica). Risposta: chi cazzo se ne frega. Qui, almeno nelle facoltà umanistiche, negli esami bisogna scrivere in poco tempo dei brevi saggi, rispondendo a due domande a scelta molto ampie del tipo: ‘Tizio sostiene che le multinazionali sono un mezzo per portare prosperità nei paesi in via di sviluppo. Discuti questa affermazione’. Qui non si deve dare la risposta giusta, semplicemente perché non esiste una risposta giusta o una sbagliata. Ne’ esiste quella maledetta pagina del manuale che ho dimenticato di leggere e ora non so cosa dire. Né esiste la verità del professore. Quello che è richiesto non è una risposta, ma una argomentazione. In quelle due ore bisogna quindi scrivere cosa si pensa di quell’argomento. Facile quindi? Si, sicuramente più facile del metodo italiano. Inutile? No. Io all’esame di Scienza Politica in Italia ho risposto giusto alla domanda su chi fossero i presidenti americani che prima erano stati senatori. Ma adesso non mi ricordo minimamente. Come all’esame di Storia americana sapevo elencare tutti i presidenti americani dal 1790 con tanto di data di elezione e vicepresidente. Spesso anche la causa di morte (anche perche’ le vite dei presidenti americani sono infinite fonti di aneddoti ridicoli). Il giorno dell’esame ero come il concorrente seduto di fronte a Gerry Scotti, che tenta la scalata a ‘Chi vuol essere milionario?’. Ma dal giorno dopo ne ho dimenticati la metà, e mi sembra più un gioco da bambini che un metodo di studio.
Tra l’argomentare e il memorizzare, quale si avvicina di più al capire?
Inoltre una parte del voto compresa tra un terzo e la metà viene assegnata in base a un saggio (in Italia sarebbe chiamato tesina) su un argomento a scelta tra una decina. Allo studente è chiesto quindi di farsi una propria ricerca all’interno della letteratura su quel tema, andando a cercarsi le fonti, articoli, capitoli… e alla fine di scrivere 3000 parole (10-12 pagine) in cui espone una tesi e l’argomenta, facendo precisi riferimenti alle fonti attraverso note e bibliografia. Non importa la tesi che si sostiene. Non importa se è affine a quello che pensa il professore o è completamente contraria. Quello che conta non è quello che dice, ma se lo sai argomentare. L’argomentare è una capacità estranea allo studente italiano. Invece, nello scrivere saggi, si è costretti a riflettere su quello che si sta leggendo, trovare gli elementi comuni ai vari autori e le contraddizioni, farsi un’idea e saperla dimostrare in un discorso che sia lineare e provato. Se voglio dimostrare C partendo da A, devo passare prima attraverso B. Non conta l’estetica della scrittura. Conta il rigore. Questo costringe a riflettere su quello che si scrive, e riflettere vuol dire capire. E quella conoscenza vi assicuro che non svanisce il giorno dopo l’esame.
Certo, ripeto quello che ho detto all’inizio. Il livello di conoscenza degli studenti inglesi con cui ho a che fare è assolutamente minore di quello dei miei compagni di università. I saggi in fondo si possono scrivere facendo un sapiente taglia e incolla da diverse fonti. Gli esami si possono passare studiandosi tre argomenti e ignorando tutto il resto. La laurea si può conseguire in tre anni ubriacandosi 3 sere alla settimana. Lo stesso metodo inglese che ho elogiato permette questo. L’università inglese ha tanti difetti quanto quella italiana. Ma non è questo il punto. Quello che ho apprezzato di piu’ e che l’università inglese non standardizza gli studenti costringendoli dentro percorsi predefiniti, magari dando loro la grande libertà di scegliere tra un esame di lingua francese e uno di lingua tedesca. Invece ti da una grande libertà non solo tra gli esami ma anche all’interno degli esami. Ti chiede di scegliere e di farti una tua opinione. E ti aiuta a fartela, attraverso il contatto e il confronto costante con i docenti.
E soprattutto da un nome agli studenti. In due anni ho di università italiana ho avuto a che fare con una quindicina di docenti e nessuno sa il mio nome o cognome. Qui i tre docenti che sto seguendo sanno come mi chiamo, mi mandano e-mail con i loro appunti delle lezioni, e quando vado a ricevimento mi è capitato di essere invitato al bar a discutere di quello che avevo chiesto. I docenti sono al servizio dello studente, pronti ad ascoltare e a dare indicazioni. Mi sono trovato nella situazione paradossale di studiare in Inghilterra e in inglese cose scritte dai miei professori di Bologna (Ignazi, Panebianco, Pasquino). Questo mostra come il livello di certi docenti italiani è altissimo. Ma sinceramente mi ha dato molto di più un docente di 30 anni (l’età media è molto più bassa che in Italia), con poche pubblicazioni internazionali e sicuramente non rinomato, ma con cui ho avuto modo di confrontarmi e che mi ha corretto quando gli esponevo delle idee che erano banali. La crescita avviene nel confronto e nel contraddittorio, non nel rituale della contemplazione come nelle lezioni italiane.
Come è possibile questo? Certo in Inghilterra questo è possibile perché i numeri sono diversi. I docenti sono tanti e il rapporto docenti/studenti è minore. Quella di Manchester è un’università grandissima (a livelli di Bologna) ma non aspettatevi che i soldi arrivino solo dalle tasse universitarie. Quelle non sono molto più alte che quelle italiane. Qua i soldi arrivano dalla qualità e dalla ricerca. Infatti, se il livello degli studenti è più basso di quelli italiani, questo vale solo nelle lauree triennali. Quando ci si sposta ai master e ai dottorati, la selezione diventa effettiva e unicamente meritocratica, e il livello dell’insegnamento sale. Nei master arrivano studenti da tutto il mondo, specialmente dall’Asia, pagando lautamente per specializzarsi qui. Ed essendo il livello dei master, molto alto di conseguenza anche la ricerca che viene fatta è ricerca vera, e come tale rappresenta una notevole fonte di guadagno (per darvi un’idea, l’anno scorso le ricerca ha portato nelle casse dell’universita’ 100 milioni di sterline, 150 mln di euro, 300 miliardi delle vecchie lire). Questo e’ possibile in quanto le pubblicazioni e i brevetti sono tanti e l’industria paga lautamente, finanziando così la didattica e altra ricerca (per questo penso che chi teme che l’università italiana si apra alla collaborazione con il privato non capisce che questo danneggia sia l’università che rimane chiusa in una sorte di torre d’avorio inaridendosi, sia l’economia nazionale che non riesce ad usufruire delle innovazioni che possono venire dall’università).
Chiedo scusa se sono stato troppo lungo per gli standard di un blog, ma quello che provo e’ molta amarezza nell’accorgermi di come l’universita’ italiana vada e spero possa essere cambiata e di quanto gli studenti si meritino di piu'. Non e' colpa delle persone e dei professori. Ma il sistema cosi' e' sterile.
10 Comments:
uè peyo, ma ti hanno già sostituito il tuo rinazina spray nasale con qualche altro prodotto sintetico x farti scrivere sto' saggio?! scherzo è molto interessante ( soprattutto devi sperimentare la tattica 3ubriacature a week!!) Ma i ragazzi di fidenza sono già in terra anglosassone? con chi esco io questo weekend? avvisa tutte che il burro è un rapax!e fotografa il dadde mentre dorme ne usciranno effetti speciali (entiendi?).. x le provviste se c'è anche paolo io abbandonerei ogni speranze: col freddo il suo metabolismo richiederà ancora + calorie...
purtroppo io non penso riuscirò a venire/trovarti causa valanga di appelli che mi travolgerà presto.. forse riuscirò ad andare a natale dal giorda ma siamo ancora nella fase di progettazione..
divertiti in questi giorni enon lasciare i ragazzi da soli che si perdono!
...e x tutti quei bastardi di fidenza che mi hanno lasciato solo senza manco salutarmi: FOTTETEVI COGLIONI ANDATE A MANCHESTER A CERCARE LA NEVE E NEL FRATTEMPO VI PERDETE UNA GRANDE PARTITA A CALCIO SOTTO UNA BUFERA DI NEVE DALLA BOCCIOFILA!!! peio trattali malissimo tanto quando se ne andranno non ti saluteranno/ringrazieranno MAI!
P.S. le pagelle della partita e le eventuali cartelle cliniche saranno pubblicate al + presto su questo stesso blog
frey zambrotta materazzi mexes vannucchi de rossi corini camoranesi zlatan caracciolo rocchi panca antonioli domizzi agostini aquilani abe corradi langella
scusa ma ho finito i $ nel cellu, so che è brutto minacciarti sul tuo stesso blog però ci son di mezzo £$ quindi: TI SPUNNO'O'CULO!
E l'una e gli "animali" stanno vegetando in salotto in questo momento. Quando Filo avrà finito di asciugarsi i capelli fose riesco a trascinarli fuori di casa.
Li porto all'Old Trafford.
Ieri sera serata delirante, innaffiata di Foster. Li ho portati dove sapevo che avrebbero trovato quello che volevano: carne fresca. Comunque il Busso ha fallito clamorosamente: non ha ne' rapacizzato, ne' ghippato...
le condizioni igieniche della casa stanno precipitando e sto lottando disperatamente per tenerle al di sopra del livello per cui le tedesche comincino a rivoltarsi contro di me. Sono arrivati con le valigie piene di cibo ma l'hanno già fatto andare tutto e non me ne rimmarrà nulla per me nei prossimi due mesi.
D'accordissimo con quello che hai scritto.
Spero anche io di poter sperimentare il metodo anglosassone applicato ai nordici.
La cosa che mi impressiona di più è il rapporto con i docenti..qui se provi a fare due domande in più a un professore ti prendi o del leccaculo desideroso di farsi vedere, o dello scassapalle dal docente stesso.
Beh..per quanto riguarda il metodo italiano, per ovviare alla tua assenza ci stiamo organizzando per riassumere i libri della emiliani: io 2, Jerry 1 più appunti e l'Elisa un altro:-)
Come vedi stiamo tentando di sopravvivere anche senza il nostro mentore.
W la cultura generale, in ogni caso...sennò come fai a far fare la figura del peracottaio a chi non ne sa???
Domanda insidiosa prima del saluto:
Come si chiamava il presidente USA che aveva sposato "Lemonade Lucy"?
Baci
Lemonade Lucy era la moglie di Rutherford B. Hayes, presidente dal 1877 al 1881.
In verita' non me lo ricordavo ma sono andato a vedere sul sito della Casa Bianca (http://www.whitehouse.gov/history/presidents) dove potete trovare i ritratti di tutti i presidenti, come gli indimenticabili Chester Arthur e John Tyler, e soprattutto i ritratti delle rispettive mogli
e tenetemi da parte i riassunti dei libri dell'Emiliani. sto pensando di dare l'assalto all'appello di febbraio. E' fattibile preparare l'esame in 20 giorni?
Ottimo Pagliari...bella l'idea della ricerca sul sito della casabianca!
Per quanto riguarda l'esame dell'emiliani: uno come te un esame del genere se lo mangia a colazione, con o senza i nostri riassunti:-)
Domani sera festicciola a casa di Marta..ti relazionerò.
ah...e accendi messenger ogni tanto!
L'anonimo del post precedente ovviamente ero io!
...scusate ma io arrivo sempre in ritardo sugli argomenti.
Che dire, leggere le righe di stefano lascia senza parole. Speriamo che non ci costringa a lasciare anche l'Italia.Definitivamente.
Ma in fondo, chi rimpiangerebbe un sistema come il nostro?
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