La societa' multiculturale n.2
Continuano a volare pallottole nelle notti manchunians: il bilancio di ieri e' di un morto, fatto fuori dalla polizia, per fortuna non troppo vicino a casa mia... attendo con ansia il giorno del trasloco. Micheal (Dj Colossus per gli amici) mi ha fatto notare che sto lasciando un ghetto per trasferirmi in un altro ghetto... quello degli studenti.
Manchester e' la piu' grande citta' universitaria inglese (dopo Londra naturalmente) e ospita ogni anno 80mila studenti da tutto il mondo. Quando questi arrivano vengono prelevati all'areoporto, portati gratuitamente in uno studentato dove vengono accolti da decine di studenti-facchini che fanno a gara per prenderti la valigia, in attesa che l'Universita' trovi loro una sistemazione in un costosissimo studentato. Naturalmente tutto questo ha un costo molto salato, e per questo il mio arrivo e' stato molto piu' spartano (in autobus), senza nessuno studente indiano che mi sorridesse come in una foto di McDonald.
Mi viene da pensare che questa e' l'altra faccia della societa' multiculturale: quella ricca. O meglio, ricca non e' il termine giusto perche' non voglio darne un giudizio negativo o pseudo-marxista. Anzi ne sono estremamente colpito e affascinato. Passando di fronte al portone dove vengono accolti gli studenti ci si rende conto che anche questa e' la globalizzazione: quella della cultura. La cultura e' un bene commerciabile tanto quanto le scarpe da ginnastica e qui' l'hanno capito: attirare studenti da tutto il mondo, accoglierli in un atmosfera vagamente da parco giochi, e' un modo per creare ricchezza, rilanciare una citta' perennemente in difficolta', attirare cervelli da Cina, India e Giappone per arricchire l'universita' e la citta', di soldi come di idee. Ma siccome l'impatto con una cultura differente e' per forza traumatico (un ragazzo indiano mi fa notare come alcool e fumo siano spesso scioccanti per i ragazzi indiani), questi vengono coccolati in una Disneyland studentesca, dove viene loro insegnato ogni cosa (da come fare il biglietto dell'autobus o come regolarsi con l'assistenza sanitaria), dopo averli portati a spasso per la citta in un tour organizzato. Spesso il ghetto non e' solo un luogo dove si viene isolati, ma un luogo dove ci si isola volontariamente per essere protetti. C'e' qualcosa di affascinante nel vedere come culture separate da decine di migliaia di chilometri si incontrino senza scontrarsi, a tratti si mescolino pure. E nell'intuire l'importanza e la potenza che la lingua inglese riveste, e la sua capacita' da fare da ponte. Mi chiedo quale sia la vera faccia del multiculturalismo: quella che passa attraverso la globalizzazione della cultura o quella dei ghetti a poche centinaia di metri dalla prima. E se la differenza tra le due, tra il mescolarsi della prima, e l'isolamento della seconda, stia solo in differenze di ceto e di professione. Forse e' proprio cosi'.
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